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Rafano: le FAQ più comuni su gusto, proprietà e uso

Il rafano è una pianta consumata in tutto il mondo, dall'aroma intenso e speziato. Ecco cosa sapere e come distinguerlo dal ravanello giapponese.

Rafano: le FAQ più comuni su gusto, proprietà e uso

Fonte immagine: Patrick Peul via Getty

Il rafano rappresenta una delle piante aromatiche più amate in tutto il mondo, per via del suo gusto intenso e della sua versatilità in cucina. Non a caso, questa specie è soprattutto nota per il suo utilizzo come spezia, in particolare nella cucina asiatica. Ma quali sono le caratteristiche di questa pianta, quali le proprietà più riconoscibili e quali le domande più frequenti sulle sue proprietà?

L’uso del rafano è ormai pressoché ubiquitario, tanto che questa spezia oggi trova spazio nelle cucine di tutto il mondo. Nell’immaginario comune, la pianta viene facilmente associata al wasabi giapponese, tuttavia si tratta di un errore: per la preparazione della ricetta nipponica non si usa infatti questa spezia. Al contrario il rafano è un ingrediente famoso per la preparazione della salsa Cren.

Di seguito, tutte le informazioni utili.

Cosa è il rafano

Rafano, pianta

Con il termine rafano si identifica la Armoracia rusticana, una pianta conosciuta anche come barbaforte, cren, rafano di Spagna o rafano orientale. Questa specie appartiene alla famiglia delle Brassicacee e le sue origini sono tutt’oggi incerte. Antichi reperti sono stati rinvenuti sia nell’Europa occidentale che in Asia, mentre oggi la pianta è coltivata in tutto il mondo, proprio come il luppolo.

Il rafano si caratterizza per il suo portamento cespuglioso e altezze modeste, di circa 50 centimetri. Le foglie sono grandi, vistose e di intenso colore verde. I fiori sono invece piccoli e bianchi, dotati di quattro petali disposti a croce, pronti a spuntare dai rametti apicali della pianta a ridosso dell’estate. Poiché varietà rustica e perenne, il rafano può anche crescere spontaneamente nei luoghi d’origine, tuttavia oggi si tratta di una specie perlopiù coltivata.

Per quanto possa essere scelto anche come varietà ornamentale, il rafano è soprattutto impiegato dall’uomo per le sue radici (famose e apprezzate come quelle della liquirizia). Da queste si ricavano infatti delle componenti aromatiche e speziate, per poi realizzare un’apposita salsa. Quest’ultima è impiegata in cucina per una lunga varietà di piatti, in particolare i bolliti di carne.

Come si riconosce il rafano

Fiore di rafano

Poiché simile a molti arbusti, questa pianta potrebbe essere difficile da identificare. Come si riconosce il rafano, di conseguenza e quali sono gli elementi più rilevanti da prendere in considerazione?

  • Foglie: le foglie della pianta, così come accennato nel precedente paragrafo, sono decisamente vistose. La loro forma è ovale e allungata, le dimensioni appaiono sproporzionate rispetto al fusto e la colorazione è verde intenso, quasi brillante;
  • Fiori: in periodo di massima attività, quindi a ridosso con l’estate, il rafano produce dei caratteristi fiori bianchi. Questi sono riuniti in mazzetti, presentano solo quattro petali e vedono dimensioni decisamente contenute;
  • Radice: le radici dell’Armoracia rusticana sono carnose, di colorazione giallo-brunastra e particolarmente lunghe. Una piccola pianta, di altezza inferiore ai 60 centimetri, può produrre un apparato radicale anche lungo 50 centimetri.

Che gusto ha il rafano

Naturalmente, il rafano è conosciuto soprattutto per il suo intenso gusto. Descriverlo non è semplice, poiché si tratta di una spezia difficile da comparare con altre analoghe, ma vi sono alcuni elementi caratteristici.

Primo fra tutti, un sapore che ricorda in qualche modo la senape, a volte molto intenso e altre quasi impercettibile, che si manifesta sul palato dopo il consumo. Ancora, si possono percepire delle note pungenti, quasi acidule, dalla persistenza acre ma piacevole.

Dove si trova e come si raccoglie il rafano

Rafano, foglie

Così come già accennato, il rafano è una pianta rustica che, in alcune parti dell’Europa e dell’Asia, può crescere anche spontaneamente. La maggior parte del rafano oggi disponibile è però di coltivazione, data l’enorme richiesta a livello mondiale, e non manca una produzione del tutto italiana. In particolare, è famoso il rafano della Basilicata e quello del Trentino Alto-Adige.

Per crescere in modo rigoglioso, la pianta ha bisogno di un terreno asciutto e ricco di sostanze nutritive, in particolare l’azoto. Predilige i climi temperati, con sbalzi di temperature contenuti e possibilmente abbastanza umidi. Non ama l’esposizione diretta al sole, mentre gradisce le annaffiature abbondanti.

Questa varietà può essere facilmente coltivata anche a casa, sia in giardino che nell’orto, purché si predisponga un letto drenante di ghiaia o cocci e si approfitti di una buona profondità del terreno. Le radici, quelle che poi vengono utilizzate a scopo alimentare, possono crescere in lunghezza anche per 50 centimetri.

Ma come si raccoglie il rafano? Poiché la parte edibile è rappresentata dalle radici, la pianta deve essere delicatamente estratta dal suolo, aiutandosi anche con una piccola zappa o una pala per liberare parte del terriccio attorno al suo apparato radicale. Per compiere questa operazione serve però una grande attenzione, proprio per evitare che gli attrezzi ne danneggino le radici.

Rafano: proprietà e benefici per l’organismo

Pancia

Il consumo di rafano presenta numerosi benefici per l’organismo, molti dei quali conosciuti sin da tempi antichissimi. Non a caso, questa spezia è considerata anche come un efficace rimedio naturale per la gestione di alcuni comunissimi disturbi. Fra questi, la radice svolge diverse azioni:

  • Digestiva: grazie al suo sapore lievemente acre e ad alcuni flavonoidi contenuti nella radice, il rafano stimola la produzione di succhi gastrici e favorisce quindi la digestione. Un effetto che si manifesta non solo a livello di stomaco, ma anche di intestino, accelerando il transito;
  • Diuretica: la pianta stimola la minzione, rendendo più rapida la depurazione del sangue e più efficiente l’opera di filtraggio da parte del rene;
  • Anestetica: il suo sapore intenso, quasi acidulo, manifesta un blando effetto anestetico sulle mucose orali. Il rafano può quindi essere usato per trattare blandi dolori della bocca, come gengive irritate o un leggero mal di denti;
  • Antiossidante: poiché ricco di vitamine quali la A e la E, il rafano aiuta a contrastare l’azione dei radicali liberi, primi responsabili dell’invecchiamento cellulare. Proprio per questa ragione, è uno degli ingredienti di base per numerose creme cosmetiche per il trattamento delle rughe.

Come si usa il rafano in cucina

In cucina il rafano rappresenta da sempre un alleato irrinunciabile, soprattutto per donare aroma e gusto a piatti normalmente poco saporiti. Può essere abbinato alla pasta, alle carni e ai formaggi: l’abbinamento di elezione avviene soprattutto con i secondi piatti.

Questa spezia può essere consumata in molti modi, a seconda delle esigenze a fornelli:

  • Grattugiato: è la modalità prescelta per il consumo fresco o come accompagnamento finale per arrosti, carni bianche e formaggi;
  • In polvere: viene impiegato come qualsiasi altra spezia, dopo un lungo processo di lavorazione. In questo caso, è solitamente scelto per aromatizzare gli arrosti, la selvaggina, ma anche come accompagnamento di salse e insalate;
  • In salsa: si realizza come guarnizione, da accompagnare alle carni, ha un aspetto verde, cremoso ma consistente. È proprio con la salsa che il sapore del rafano viene esaltato.

Quale rafano si usa per il wasabi

Wasabi

Così come già accennato in apertura, nell’immaginario comune il rafano è collegato al wasabi, la salsa giapponese dall’intenso e piccante sapore. In realtà, questa ricetta nipponica non prevede l’uso dell’Armoracia rusticana, bensì di un altro vegetale. Stiamo parlando del cosiddetto rafano giapponese, ovvero la Wasabia japonica.

La confusione è dettata non solo dal gusto vagamente simile delle due specie, ma anche dal nome. Per quanto la varietà asiatica venga chiamata rafano giapponese, si tratta in realtà di un tubero, un lontano parente del ravanello.

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