Smartphone ai figli, mai darli prima di questa età: la raccomandazione egli esperti - greenstlyle.it
Gli esperti raccomandano di non dare lo smartphone ai figli troppo presto: ecco l’età giusta, e come i device li stanno cambiando.
Negli ultimi anni, la domanda “quando dare lo smartphone ai figli?” è diventata un vero dilemma familiare. C’è chi teme di escludere i propri bambini dal gruppo dei coetanei e chi, invece, è spaventato dai rischi di un mondo digitale troppo vasto e incontrollabile. Nel mezzo, un dato sempre più evidente: l’età della prima connessione si abbassa di anno in anno.
Secondo gli esperti, però, anticipare questo momento non è affatto una conquista di modernità, ma una scorciatoia che può avere conseguenze importanti sul benessere psicologico, sociale e cognitivo dei ragazzi. Non è un caso che, in tutta Italia, si stia diffondendo una rete di iniziative nate dal basso, i “patti digitali”, per aiutare famiglie e scuole a stabilire insieme regole di buon senso e protezione.
L’idea è semplice ma rivoluzionaria: non lasciare che siano le pressioni sociali o la pubblicità a decidere quando un bambino debba ricevere il suo primo telefono. A farlo devono essere gli adulti, insieme, con consapevolezza e responsabilità.
L’età giusta per lo smartphone ai figli : una scelta che cambia tutto
Il professor Marco Gui, direttore del centro studi Benessere Digitale dell’Università Bicocca di Milano, sostiene che la regola d’oro è posticipare lo smartphone almeno fino alla fine della scuola media. Non si tratta solo di una questione educativa, ma di salute pubblica. L’uso precoce dello smartphone espone i più giovani a contenuti inappropriati, disturbi del sonno e dipendenze digitali. La continua esposizione a notifiche e stimoli visivi riduce la concentrazione, altera i ritmi biologici e può contribuire a disturbi d’ansia o depressione. Ma la buona notizia è che i ragazzi che restano lontani dai social fino ai 13-14 anni sviluppano migliori competenze digitali critiche.
Il motivo è controintuitivo ma chiaro, scrollare TikTok non significa “saper usare la tecnologia”. La vera competenza digitale è comprendere, interpretare e gestire le informazioni in modo consapevole ,capacità che si costruiscono studiando, leggendo e coltivando la curiosità offline.

I patti digitali sono accordi volontari tra genitori, scuole e talvolta amministrazioni locali per ritardare l’introduzione dello smartphone. Il primo esperimento è nato in Friuli e oggi conta più di 180 realtà in tutta Italia. L’obiettivo è chiaro: creare comunità che sostengano le famiglie nella scelta di dire “no” al telefono, almeno per un po’.
Ogni patto prevede linee guida condivise come niente smartphone prima dei 13 anni, uso consapevole e supervisionato del web, disconnessione obbligatoria di notte e durante i pasti, incontri formativi per genitori e ragazzi. Questo modello, adottato da diverse scuole e comuni, aiuta a ridurre la pressione sociale che spesso porta i genitori a “cedere”. Quando la regola è condivisa, nessuno si sente escluso.
Nessuno propone di crescere figli “senza internet”, ma di accompagnarli nel modo giusto. Nel frattempo, è possibile coltivare una sana relazione con la tecnologia anche senza smartphone, attraverso giochi, coding, ricerca scolastica e progetti condivisi con i genitori. L’obiettivo non è eliminare i dispositivi, ma restituire equilibrio tra il mondo connesso e quello reale.
