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Animali contagiati da coronavirus: cosa sappiamo e cosa no

Il nuovo coronavirus può colpire alcune specie animali, in forma lieve e sempre dopo il contatto diretto con l'uomo: cosa è noto fino a oggi.

Animali contagiati da coronavirus: cosa sappiamo e cosa no

Fonte immagine: Pixabay

Anche alcune specie animali possono contrarre il nuovo coronavirus, quando gli esemplari entrano in contatto con l’uomo, soprattutto se portatore asintomatico. È quello che testimoniano alcuni casi identificati a livello mondiale: dopo i cani positivi rinvenuti a Hong Kong, è stato scoperto un gatto contagiato in Belgio e varie tigri allo zoo del Bronx. In tutti questi episodi, il contagio è avvenuto tramite l’interazione diretta con l’uomo e gli esemplari in questione hanno mostrato delle conseguenze molto blande. Ma cosa è noto a livello scientifico del rapporto tra animali e COVID-19?

Così come già accennato, a oggi tutti i casi di contagio da coronavirus negli animali sono avvenuti per stretto contatto con l’uomo. Ad esempio, i due cani “debolmente positivi” identificati a Hong Kong vivevano nell’abitazione di proprietari colpiti da COVID-19, così come il gatto belga, mentre le tigri statunitensi – una positiva al tampone e altre quattro non sottoposte al test, ma con sintomi – probabilmente dall’interazione con qualche asintomatico nella struttura. Sulla base dei dati a oggi disponibili, Vox ha voluto stilare una lista su ciò che gli esperti hanno appreso da questi contagi, così come sugli elementi che devono essere ancora indagati.

In merito al contagio degli animali, a oggi si è scoperto:

  • le infezioni di cani, gatti e tigri sono tutte avvenute da uomo ad animale, mentre non si registrano casi di un percorso di contagio opposto;
  • non si rilevano focolai di COVID all’interno delle specie più note, a oggi il contagio avviene solo dopo l’interazione con l’uomo;
  • gli scienziati ritengono che un contagio da animale domestico a uomo sia molto remoto, se non impossibile, poiché i quadrupedi sviluppano infezioni asintomatiche o molto lievi, inoltre tendono a tornare negativi dopo pochissimi giorni;
  • l’infezione sembra essere innocua per i cani: i due esemplari di Hong Kong non hanno sviluppato alcun sintomo, tanto che si ritiene la presenza del virus sulle mucose sia stata dovuta unicamente alla contaminazione ambientale, data la convivenza con persone malate;
  • I felini sono normalmente più suscettibili alla famiglia dei coronavirus – basti pensare alla FIP – e pertanto mostrano alcuni sintomi, per quanto lievi. Il gatto belga ha avuto conseguenze gastrointestinali, mentre le tigri statunitensi una lieve tosse secca, senza compromissione della respirazione. Tutti i felini analizzati sono apparsi vispi, reattivi ed energici;
  • Studi condotti in Cina su animali domestici contagiati con il coronavirus, e chiusi in gabbie con altri esemplari sani, sembrano evidenziare l’impossibilità dei cani di trasmettere l’infezione ai loro simili. Nei gatti si è registrato un caso di lieve positività fra i quadrupedi sani dopo contatti prolungati con felini infetti, ma lo studio non svela se il passaggio sia avvenuto per via respiratoria oppure oro-fecale;
  • il coronavirus può colpire alcuni primati in modo simile agli umani: in via precauzionale, sono state interrotte tutte le interazioni tra turisti e gorilla di montagna del Congo.

In merito al rischio COVID negli animali, invece rimane ancora da indagare:

  • Non è ancora chiaro se le specie feline, in particolare tigri e leoni, siano maggiormente a rischio rispetto ad altri animali;
  • Una delle tigri ospitate dallo zoo del Bronx non mostra sintomi che possano suggerire un’infezione da coronavirus, nonostante lo stretto contatto con l’esemplare positivo al tampone;
  • Non è noto se, dopo il contatto con l’uomo, un animale possa trasmette il nuovo coronavirus a esemplari di specie diverse. Per fare un esempio, gli scienziati non sanno se una tigre sia potenzialmente in grado di contagiare un elefante;
  • Data l’infezione asintomatica nei cani, e i lievi sintomi nei gatti, non è chiaro quali siano i meccanismi che permettono a questi animali di approfittare di una migliore difesa rispetto all’uomo.

Fonte: Vox

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