Cosa succede se continui a lavorare dopo la pensione: l'allarme - Greenstyle.it
Italiani allarme, cosa succede se continui a lavorare anche dopo la pensione? Quali sono davvero i rischi e a cosa fare attenzione.
L’allungamento della vita lavorativa rappresenta ormai una realtà consolidata nei paesi sviluppati, con un aumento significativo della quota di persone che continuano a lavorare anche dopo l’età tradizionale del pensionamento.
Secondo i dati più recenti dell’OCSE, nel 2023 il 29% degli individui tra i 65 e i 69 anni ancora svolge un’attività lavorativa nei paesi membri, un valore quasi raddoppiato rispetto al 16% registrato nel 2000. Questo fenomeno modifica profondamente la concezione stessa di pensionamento e solleva importanti questioni riguardo agli effetti sul benessere psicologico e sociale degli anziani.
Differenze di genere e benessere oltre i 60 anni
Uno studio condotto dalle università di Haifa e Tel Aviv, che ha coinvolto oltre 5.300 cittadini israeliani in età pensionabile (62 anni per le donne, 67 per gli uomini), mette in luce come il prolungamento dell’attività lavorativa abbia impatti differenti tra uomini e donne. Gli uomini che continuano a lavorare a tempo pieno mostrano livelli di soddisfazione pari o superiori rispetto ai coetanei in pensione, valutati in quattro ambiti principali: economico, familiare, emotivo e generale.
Questo beneficio sembra indipendente dalla natura del lavoro svolto, suggerendo che per molti uomini il valore risieda nel mantenere un ruolo attivo nella società. Per quanto riguarda le donne, invece, i vantaggi si concentrano soprattutto nelle dimensioni economica e familiare, e soltanto se sono impegnate in ruoli professionali, tecnici o manageriali. Secondo Alisa Lewin, autrice principale dello studio, questo potrebbe essere dovuto al fatto che le donne trovano fonti di sostegno emotivo e coinvolgimento sociale anche al di fuori dell’ambito lavorativo, a differenza degli uomini.
La ricerca evidenzia che sia per gli uomini sia per le donne, un reddito familiare più basso aumenta la probabilità di rimanere attivi nel mercato del lavoro a tempo pieno. Tuttavia, gli effetti sul benessere personale seguono percorsi differenti. Cary Cooper, docente presso l’Università di Manchester, sottolinea come per molti uomini la propria identità professionale e il senso di responsabilità verso la famiglia continuino a rappresentare un elemento centrale anche dopo l’età pensionabile. Gli studiosi avvertono che i risultati possono essere influenzati dal fatto che chi gode già di un buon stato di benessere sia più propenso a continuare a lavorare, creando un effetto di selezione nella popolazione esaminata.

Inoltre, il contesto culturale specifico di Israele potrebbe non essere pienamente rappresentativo di altre realtà nazionali. Riguardo al lavoro part-time, gli effetti sul benessere risultano più ambigui e variano in base a fattori quali il tipo di mansione, le modalità di misurazione e il genere. La complessità delle motivazioni e delle condizioni alla base della scelta di proseguire l’attività lavorativa dopo i 60 anni evidenzia la necessità di sviluppare politiche personalizzate per la popolazione senior, in grado di rispondere in maniera adeguata alle diverse esigenze di uomini e donne.
Questi interventi devono tenere conto non solo delle condizioni economiche, ma anche degli aspetti psicologici e sociali legati al prolungamento della vita lavorativa. L’allungamento dell’età attiva non è dunque un fenomeno unidimensionale, ma coinvolge una molteplicità di fattori che richiedono un approccio integrato e flessibile da parte delle istituzioni e del mondo del lavoro, per garantire un equilibrio tra continuità lavorativa e qualità della vita degli anziani.
