
Il panorama della sanità in Italia, specialmente nei servizi di emergenza, è segnato da una realtà inquietante: il 98% degli operatori ha sperimentato aggressioni durante il proprio lavoro. Questa situazione non solo compromette la qualità delle cure, ma influisce negativamente sul rapporto di fiducia tra i cittadini e il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Queste sono alcune delle conclusioni emerse da un’indagine presentata a Pisa, in occasione di un incontro dedicato alla memoria di Barbara Capovani, la psichiatra brutalmente uccisa nel 2023, subito dopo il termine del suo turno.
Il convegno di pisa e l’indagine simeu
L’evento, organizzato dalla SIMEU (Società Italiana di Medicina d’Emergenza Urgenza) in collaborazione con FIASO e l’AOUP, ha avuto come tema centrale “Curiamo la fiducia tra cittadini e SSN”. Questo incontro si è svolto in concomitanza con la Giornata Nazionale di Educazione e Prevenzione Contro la Violenza sugli Operatori Sanitari e Socio-Sanitari. L’indagine ha coinvolto circa 500 professionisti del settore, di cui il 70% erano medici, il 28% infermieri e il 2% operatori socio-sanitari. I risultati hanno messo in luce una crisi profonda: la violenza, in tutte le sue forme, contribuisce a un deterioramento della qualità delle cure e spinge molti professionisti a lasciare il campo.
Statistiche allarmanti e impatti sulla professione
La ricerca ha rivelato che il 54% degli intervistati ha subito violenza fisica. Alessandro Riccardi, Presidente nazionale della SIMEU, ha commentato la gravità della situazione, evidenziando come il 10% degli operatori abbandonerebbe immediatamente il settore se avesse l’opportunità di farlo. La maggior parte degli abbandoni, pari al 90%, è attribuita a un ambiente di lavoro in cui le problematiche non sono legate unicamente all’emergenza, ma comprendono anche accessi non urgenti che gravano sulla qualità del servizio.
Le conseguenze della violenza e le proposte di soluzione
Riccardi ha aggiunto che ogni aggressione, anche solo verbale, non danneggia soltanto l’operatore, ma ha ripercussioni dirette anche sui cittadini stessi. Infatti, il 64% degli operatori ha dichiarato di aver modificato il proprio atteggiamento nei confronti dei pazienti in risposta a questa violenza. Per l’88% degli intervistati, la chiave per migliorare la situazione risiede in un potenziamento del servizio e in una comunicazione più efficace con i cittadini, che dovrebbe mettere in luce il valore e la complessità del servizio sanitario.
Questa indagine rappresenta un appello urgente per rivedere le politiche di protezione e supporto agli operatori sanitari, affinché possano lavorare in un ambiente più sicuro e in grado di garantire cure di qualità ai pazienti.