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Seeds for energy, fra agricoltura ed energia

Energia e agricoltura sono legate dal filo rosso della transizione energetica. Uno dei fronti a cui Eni lavora è quello del biocarburante

Seeds for energy, fra agricoltura ed energia

I cambiamenti climatici sono sempre più evidenti e l’unica strada che possiamo percorrere è quella della riduzione del nostro impatto sull’ambiente in tutti i settori della società, dalle azioni di tutti i cittadini alle politiche delle grandi aziende. Bisogna guardare ad un futuro sempre più orientato alla sostenibilità e Eni, presente in 69 Paesi del mondo, già da anni ha avviato un percorso di transizione energetica con l’obiettivo di azzerare le emissioni nette entro il 2050.

Energia e agricoltura sono legate dal filo rosso della transizione energetica e uno degli importanti fronti su cui Eni sta lavorando è quello del biocarburante ottenuto dalla trasformazione di materie prime di origine biologica come oli vegetali e biomasse di scarto.

Dalla raffineria tradizionale alla bioraffineria

Tra le prime tappe del viaggio di Eni in questo senso ci sono state nel 2014 e nel 2019 la riconversione delle raffinerie di Venezia e Gela in bioraffinerie, dove si produce HVO (olio vegetale idrogenato). Il biocarburante HVO può essere addizionato al gasolio per riuscire a soddisfare i requisiti normativi europei e nazionali che prevedono che una quota crescente dei carburanti sia costituita da materie prime provenienti da fonti rinnovabili. E può anche essere utilizzato puro in tutte le motorizzazioni omologate: l’HVO puro al 100% consente di abbattere le emissioni di CO2 (calcolate lungo tutto il ciclo di vita) tra il 60 e il 90% rispetto al mix fossile di riferimento.

Entrambe le bioraffinerie dal 2023 saranno alimentate esclusivamente da oli vegetali usati e di frittura, grassi animali, oli estratti da colture in terreni marginali non in competizione con la filiera alimentare per la produzione di biocarburanti, di HVOdiesel, bio-GPL, di bio-jet e di bio-nafta destinata alla filiera della chimica. Da parte di Eni è stato avviato anche uno studio per la possibile realizzazione, all’interno del suo sito industriale di Livorno, di una nuova bioraffineria.

Entro il 2025 Eni raddoppierà la capacità delle proprie bioraffinerie fino a raggiungere 2 milioni di tonnellate ed entro il prossimo decennio la capacità di bioraffinazione Eni crescerà fino a 6 milioni di tonnellate/anno.

Le nuove strategie per decarbonizzare i trasporti

Per migliorare la filiera della produzione di biocarburanti, Eni ha avviato progetti di coltivazione di piante che non entrano in competizione con la filiera alimentare, scegliendo terreni in aree abbandonate o molto degradate a causa di fenomeni come la desertificazione, l’erosione, la siccità e l’inquinamento. Qui possono partire i progetti di agri-feedstock di Eni: ricino, croton, brassica, camelina e co-prodotti del cotone. Da un lato si ottiene biocarburante e dall’altro si torna a valorizzare queste aree e generare un impatto positivo sugli agricoltori che vengono coinvolti in prima linea.

Dal 2023 le direttive europee prevedono che gli oli vegetali che provengono dall’agricoltura e che sono destinati ai biocarburanti non impattino sulla produzione di cibo e non causino deforestazione. Eni lo sta facendo già da tempo, approvvigionando le proprie bioraffinerie in modo sostenibile.

Oli vegetali per la bioraffinazione: i progetti in Africa

I progetti di riqualificazione dei terreni hanno avuto una sferzata negli ultimi due anni anche grazie alla joint-venture paritetica tra Eni e il gruppo Bonifiche Ferraresi, la più grande azienda agricola italiana per Superficie Agricola Utilizzata. I primi progetti frutto di questa joint-venture sono stati avviati in Sardegna nel 2022 con la collaborazione di diverse università italiane con un obiettivo comune: valutare e selezionare sementi per la produzione di agri-feedstock da circa 30 varietà diverse di piante oleaginose.

Quali piante riescono a produrre di più anche in caso di siccità o terreni poco favorevoli? I risultati degli studi e delle analisi servirà per ottimizzare i raccolti e replicare gli esperimenti anche nei Paesi dell’Africa in cui Eni ha avviato dei progetti di produzione di agrifeedstock.

La coltivazione del ricino nella Repubblica del Congo

Eni sta puntando sulla coltivazione del ricino nella Repubblica del Congo con un progetto che prevede la coltivazione all’interno di cinque grandi concessioni e il coinvolgimento delle comunità rurali nelle aree d’interesse.
La prima produzione di olio dalla coltivazione del ricino è attesa nel 2023 con circa 30mila tonnellate all’anno che saliranno a 200mila all’anno entro il 2030 grazie a nuovi agri-hub che saranno costruiti in diverse aree del Paese africano.

Questi progetti saranno molto importanti anche per l’economia della Repubblica del Congo e delle persone che vengono coinvolte in modo diretto. Basti pensare che entro il prossimo anno più di 5mila famiglie potranno avere un reddito grazie all’opportunità di lavoro che si è venuta a creare. E quel numero, grazie ai progetti di espansione di Eni, è destinato a salire a 100mila famiglie entro il 2030.

In Kenya Eni sta coinvolgendo 25mila famiglie di agricoltori locali nella coltivazione di ricino, croton e cotone, puntano a una produzione di 200mila tonnellate all’anno di olio vegetale entro il 2026.

La raccolta dell’olio di cucina esausto in Kenya

Non solo. In Kenya Eni sta anche portando avanti la raccolta dell’olio di cucina esausto, coinvolgendo catene di fast food, ristoranti e alberghi. L’olio che viene raccolto è già in viaggio via nave per raggiungere l’Italia.

Dal Kenya all’Italia: il primo cargo di olio vegetale per la bioraffinazione

Il primo cargo di olio vegetale per la bioraffinazione prodotto da Eni in Kenya è partito dal porto di Mombasa all’inizio di ottobre 2022. La destinazione del prezioso carico è la bioraffineria di Gela, tra i più innovativi impianti in Europa.

Un primo traguardo davvero importante che rappresenta l’inizio di una rivoluzione, considerando che entro il 2025 Eni punta a coprire il 35% dell’approvvigionamento delle proprie bioraffinerie grazie proprio all’integrazione verticale della filiera degli agri-feedstock e waste&residue.

A questo fine, l’azienda ha firmato accordi in sette Paesi – Angola, Benin, Congo, Costa d’Avorio, Kenya, Mozambico e Ruanda – e ha avviato sperimentazioni e studi di fattibilità in altre nazioni, tra cui l’Italia e il Kazakistan.

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