Respirare aria sporca fa ammalare: la scienza conferma il legame con il tumore ai polmoni -greenstyle.it
Uno studio internazionale ha confermato con rigore scientifico il legame tra inquinamento atmosferico e tumore al polmone.
La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, ha coinvolto un campione di 871 pazienti non fumatori affetti da carcinoma polmonare provenienti da 28 diversi Paesi. Attraverso il sequenziamento completo del genoma, i ricercatori hanno identificato un nesso diretto tra l’esposizione a particolato fine, in particolare al PM₂.₅, e la presenza di mutazioni oncogeniche nel gene TP53. Questo gene è noto per essere frequentemente alterato nei fumatori con tumore polmonare, ma ora si scopre che anche l’inquinamento atmosferico può determinare mutazioni simili.
Oltre all’attivazione di specifiche mutazioni, l’analisi ha evidenziato una riduzione significativa della lunghezza dei telomeri nelle cellule polmonari esposte all’aria inquinata. I telomeri, strutture che proteggono il DNA durante la divisione cellulare, quando si accorciano troppo indicano un processo di invecchiamento cellulare accelerato, un fenomeno comunemente osservato nei tumori maligni. Questo dato sottolinea come l’inquinamento non solo favorisca l’insorgenza del cancro attraverso mutazioni genetiche, ma contribuisca anche a un deterioramento precoce delle cellule polmonari.
La ricerca sul rapporto tra inquinamento e tumore polmonare
L’importanza di questo studio risiede anche nel fatto che, a livello globale, una quota crescente di tumori polmonari – stimata tra il 10 e il 25% – si manifesta in persone che non hanno mai fumato. Fino ad oggi, il ruolo diretto dell’inquinamento atmosferico come causa primaria di questi tumori non era stato dimostrato con tale chiarezza scientifica. La scoperta di un meccanismo genetico definito rappresenta un passo fondamentale per orientare politiche di prevenzione più efficaci e per sensibilizzare l’opinione pubblica sul rischio associato all’aria contaminata.

Le autorità sanitarie e ambientali, in particolare nelle aree urbane maggiormente soggette a livelli elevati di PM₂.₅, dovranno considerare con maggiore urgenza misure di contenimento e riduzione delle emissioni inquinanti, nonché campagne informative rivolte a tutelare la salute respiratoria della popolazione.
Il PM₂.₅ è una delle componenti più pericolose dello smog urbano. Si tratta di particelle sottilissime, con diametro inferiore a 2,5 micrometri, capaci di penetrare profondamente nei polmoni e persino nel flusso sanguigno. L’esposizione cronica a queste particelle è già collegata a numerose patologie respiratorie e cardiovascolari, ma oggi si aggiunge la prova scientifica che il PM₂.₅ può innescare mutazioni genetiche responsabili del tumore al polmone anche in assenza di fumo.
Questi dati sottolineano l’urgenza di monitorare con precisione la qualità dell’aria e di intervenire con strategie di riduzione delle emissioni provenienti da traffico, industria e altre fonti di inquinamento. Al tempo stesso, è fondamentale promuovere la ricerca su nuovi biomarcatori e terapie mirate che tengano conto dell’origine ambientale di questa malattia.
