Greenstyle Mobilità Mobility manager: ecco perché sarà sempre più importante per le città del futuro

Mobility manager: ecco perché sarà sempre più importante per le città del futuro

Il Mobility Manager e il Future Mobility Manager, pensato da Volkswagen, sono due figure centrali per la mobilità del futuro.

Mobility manager: ecco perché sarà sempre più importante per le città del futuro

Fonte immagine: iStock

Chi è esattamente il mobility manager? Si tratta di una figura professionale specifica, l’interlocutore di riferimento per tutti gli stakeholder di un gruppo o un’azienda in fatto di mobilità. Aziendale, certo e anzitutto, ma non solo. In fondo, al posto o a fianco dei vecchi assessorati o dipartimenti alla mobilità anche le grandi città hanno bisogno di una funzione più manageriale, in grado di attingere dalle migliori esperienze internazionali, per sposare le opportunità e sciogliere le sfide dell’elettrificazione, dell’uso di big data e, poco più avanti, dei veicoli autonomi che in una certa misura, anche se non lo sappiamo, già percorrono le nostre strade. Più in generale, del ribaltamento delle logiche che affiancheranno alla mobilità privata quella condivisa, quella alternativa e pulita e ovviamente le reti dei trasporti pubblici.

Insomma, le necessità e il cuore della missione sono lo stesso in entrambi i casi. Sia che il mobility manager sia al lavoro in un’azienda o che, invece, debba orchestrare flussi e dinamiche di una metropoli. Nel primo caso, oltre a competenze tecniche, deve disporre di quelle comunicative e analitiche: deve cioè analizzare le esigenze di mobilità dei dipendenti del gruppo e individuare, internamente o tramite piattaforme, app e soluzioni esterne, le chiavi più giuste per ridurre l’impatto dei mezzi di trasporto individuali a favore di quelli collettivi e favorire la diffusione di veicoli a minima incidenza ambientale. Di più, deve spiegare in che modo queste soluzioni migliorino la vita dei dipendenti, dei collaboratori e come gli effetti si ripercuotano anche sull’azienda. Per questo deve comunicare in modo efficace. Già un decreto legislativo ormai piuttosto datato, il 22/97, attuato l’anno seguente (il cosiddetto “decreto Ronchi”), che di fatto introdusse la figura, invitava le società a nominare un mobility manager e a presentare ogni anno il Pma, il piano di mobilità aziendale. Tornando poco più indietro, le sue radici risalgono addirittura agli accordi di Kyoto dello stesso anno.

Ci sono diverse altre figure, introdotte negli anni, di mobility manager. Quello di area, per esempio, previsto da un dispositivo del 2000 e che deve mettere a sistema il lavoro dei singoli mobility manager aziendali. Oppure quello scolastico, ben più recente (l’introduzione è appena del 2015), che deve – o dovrebbe – fare lo stesso in tutti gli istituti. Ma c’è molto di più. La figura del “future mobility manager” va infatti ben oltre quelle strettamente previste dalle normative ed esposte finora: detta le strategie aziendali ed è il riferimento per tutti gli stakeholder, soprattutto esterni. Costruisce il percorso del futuro come ponte fra tutti i temi che sono sul tavolo, anzi su strada:  tecnologie di propulsione alternativa, servizi di mobilità, guida autonoma, auto connessa e condivisa. SI tratta dell’interlocutore naturale, interno ed esterno, per tutti i progetti su queste tematiche.

Una persona che si confronta con gli altri player che avranno un ruolo nella mobilità di domani, ma già in quella di oggi, e ovviamente con le istituzioni per cercare e trovare soluzioni innovative, concrete e attuabili. Nel caso di Volkswagen Group Italia è una figura comune ai diversi brand che coordina la strategia di elettrificazione e la smart mobility, che è appunto una mobilità di servizi e non solo di veicoli. Insomma, una sorta di direttore d’orchestra che attraverso relazioni e incontri con regioni, comuni, esecutivo e stakeholder di universi fino a poco tempo fa lontani dall’automotive (energia elettrica, telefonia, autostrade) disegna i contorni di come ci muoveremo domani.

“Il future mobiliy manager ha il compito di preparare l’azienda alle sfide del futuro in materia di mobilità all’interno della smart mobility, in cui rientrano tutte le novità: dalla “vehicle to grid” alla sperimentazione sulla micromobilità fino alla guida autonoma. La base comune è quella della mobilità elettrica” spiega Stefano Sordelli, future mobility manager di Volkswagen Group Italia. Il compito, dunque, è “lavorare con le istituzioni e gli stakeholder di energia, IT e telecomunicazioni per preparare l’avvento della mobilità elettrica e facilitare le future innovazioni”.

Un approccio modulare, quello del mobility manager, che ovviamente non riguarda solo le singole organizzazioni ma, come si diceva, anche intere città. Specie quelle più problematiche sotto l’aspetto del traffico e delle conseguenze ambientali (non a caso la figura, in Italia, nacque sull’onda delle emergenze smog della seconda metà degli anni Novanta). Lo fanno in parte i mobility manager di area ma anche altre figure. Basti pensare, guardando agli Stati Uniti, a profili come quello di Gabe Klein, 49enne statunitense esperto di mobilità urbana già alla guida del car-sharing Zipcar e soprattutto ex transport department commissioner del District of Columbia fra 2008 e 2010 e dell’amministrazione di Chicago fra 2011 e 2013. Profili di esperti a 360 gradi che vanno ben oltre l’incarico politico e che di fatto hanno il compito di anticipare il futuro e al contempo intervenire su più fronti – viabilità, sovvenzioni, progettazione di nuove aree metropolitane e smart district – che li fanno somigliare più ad attenti antropologi e analisti delle abitudini e stili di vita che cambiano che a urbanisti di vecchio stampo.

Il perimetro, insomma, si fa poroso. Chi lavora in azienda lavora in realtà per l’intera società. Fino a costruire buone pratiche utili a tutti. Ai dipendenti, che sono cittadini. Alle imprese, che sono il motore della società. Alla politica, che dal privato spesso impara e può acquisire novità tecnologiche: “Siamo leader in vari progetti a livello urbano ed extraurbano in Italia – conferma per esempio Sordelli, sottolineando questa profonda integrazione – come Electrify Verona, un’iniziativa per dare impulso allo sviluppo della mobilità elettrica che prevede una serie di agevolazioni per chi acquista un’auto elettrica e lo sviluppo di un’infrastruttura smart: proprio a Verona abbiamo sperimentato per primi in Europa i pali multifunzione”.

In collaborazione con MoDo – Volkswagen Group Italia

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