Nuovo decreto, rischi fino a 18mila euro di multa se hai questa abitudine - Greenstyle.it
Se hai questa abitudine, con il nuovo decreto, rischi una multa sino a 18.000 euro: tutto quello che c’è da sapere.
È entrato in vigore il nuovo Decreto Rifiuti (Dl 116/2025), pubblicato recentemente sulla Gazzetta Ufficiale, che introduce misure severe per contrastare l’abbandono illegale dei rifiuti e le attività illecite correlate, recependo la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) del 30 gennaio 2025.
L’obiettivo è quello di tutelare i cittadini esposti a gravi rischi ambientali e sanitari, in particolare nelle aree più colpite come la Terra dei Fuochi, ma anche su tutto il territorio nazionale.
Il quadro normativo rafforzato per la tutela ambientale
Il decreto nasce dall’esigenza di rispondere a una doppia urgenza: da un lato, l’adeguamento normativo richiesto dalla Cedu, che aveva condannato l’Italia per la mancata protezione dei cittadini della Terra dei Fuochi dagli effetti nocivi dell’inquinamento e dei roghi di rifiuti, e dall’altro, la necessità di contrastare in modo più incisivo le attività illegali legate allo smaltimento dei rifiuti. Il Dl 116/2025 modifica il Testo Unico ambientale e inasprisce le sanzioni per chi abbandona o gestisce in modo illecito rifiuti, con particolare riguardo ai rifiuti pericolosi.
Il provvedimento prevede non solo multe salate, ma anche pene accessorie quali la sospensione o la revoca della patente di guida, la confisca di mezzi utilizzati e, nei casi più gravi, la reclusione. Tra le novità più rilevanti del decreto vi sono le multe che possono arrivare fino a 18.000 euro per chi abbandona rifiuti non pericolosi, con la sospensione della patente da uno a quattro mesi se il reato avviene con l’uso di un veicolo. Per casi più gravi, come l’abbandono di rifiuti non pericolosi che costituiscono un pericolo per la salute o per l’ambiente, sono previste pene detentive da sei mesi a cinque anni, con un aumento della pena per i titolari di imprese o responsabili di enti.
L’abbandono di rifiuti pericolosi comporta invece pene detentive da uno a cinque anni, che possono estendersi fino a sei anni se ne deriva un grave pericolo o contaminazione di siti. La gestione non autorizzata di rifiuti prevede la reclusione da sei mesi a tre anni per rifiuti non pericolosi, da uno a cinque anni per rifiuti pericolosi, accompagnata da pene accessorie come la sospensione della patente da tre a nove mesi e la confisca del mezzo. Per quanto riguarda le discariche abusive, le pene detentive variano da uno a sette anni a seconda della pericolosità dei rifiuti, con obbligo di bonifica e confisca dell’area.

Nel caso di combustione illecita di rifiuti sono previste pene da tre a sette anni, aumentate fino alla metà in caso di incendio sviluppato. Inoltre, il decreto introduce sanzioni per chi commette falsità documentali nei formulari di trasporto rifiuti, con reclusione da uno a tre anni, confisca del mezzo e sospensione dall’Albo gestori ambientali fino a dodici mesi. La spedizione illegale di rifiuti, specie se pericolosi, è punita con la reclusione fino a cinque anni, con aggravanti per attività d’impresa che possono aumentare la pena di un terzo.
Il decreto prevede anche interventi mirati di bonifica ambientale nelle aree più contaminare, con particolare attenzione alla Terra dei Fuochi, dove negli anni si sono concentrati traffici illeciti di rifiuti e roghi tossici che hanno provocato gravi danni alla salute delle popolazioni locali. Per gli autotrasportatori, la legge introduce sanzioni accessorie che possono portare alla sospensione o addirittura cancellazione dagli Albi, insieme alla confisca dei mezzi utilizzati per trasporti non autorizzati.
Queste misure mirano a rendere più efficace il controllo sui trasporti dei rifiuti, evitando che veicoli non autorizzati contribuiscano al fenomeno dell’abbandono e del traffico illecito. Il decreto Rifiuti rappresenta quindi un passo importante nel rafforzamento della normativa ambientale in Italia, con un sistema sanzionatorio più rigoroso e strumenti più efficaci per tutelare l’ambiente e la salute pubblica, in linea con gli obblighi internazionali sanciti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
