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Auto ibride PHEV definite false elettriche, un chiarimento

Le auto ibride PHEV sono state definite false elettriche da parte dell'ICCT, ecco perché e quali condizioni servono per renderle davvero ecologiche.

Auto ibride PHEV definite false elettriche, un chiarimento

Fonte immagine: iStock

In questi giorni ha fatto molto rumore l’appunto mosso alle auto ibride PHEV da T&E. Nel suo ultimo report Transport & Environment ha segnalato che le vetture elettriche triplicheranno la propria quota mercato nel 2020. Tuttavia, a margine del dato è stata pubblicata un’analisi poco gratificante per il segmento ibrido plug-in.

Secondo Transport & Environment circa il 50% delle ibride PHEV emetterebbe CO2 a livelli più elevati di quelli certificati attraverso i test. Diversi sono i fattori a rischio secondo T&E, vediamo quindi le principali caratteristiche delle vetture e i punti critici.

Ibride PHEV false elettriche?

Auto ibride plug-in
Fonte: Foto di (Joenomias) Menno de Jong da Pixabay

Auto ibride PHEV, quali sono

Innanzitutto, quali sono le vetture ibride PHEV. Tale sigla sta per Plug-in Hybrid Electric Vehicle. Si tratta di veicoli che dispongono di un motore elettrico, ma anche di uno a combustione interna, con un’autonomia “full electric” di solito prossima ai 60 km. A differenza delle ibride pure possono ricaricare la propria batteria anche attraverso la presa domestica o una colonnina su strada.

Esistono altre sigle identificative come ad esempio la MHEV, che identifica le vetture con impianti misti (elettrico e combustibile) e sta a significare Mild Hybrid Electric Vehicle. In questo caso la componente elettrica si attiva unicamente in determinati casi ed è generalmente ricaricata con il recupero dell’energia in frenata o con tecnologie rigenerative. Non è prevista alcuna presa per la ricarica esterna.

Per completezza citiamo anche la sigla BEV, che identifica i Battery Electric Vehicle. Si parla in questo caso dei veicoli alimentati esclusivamente a batteria, le auto elettriche.

Auto ibride, test di omologazione e stile di guida

Intorno ai test di omologazione si gioca buona parte della polemica relativa alla definizione di “false elettriche”. Ad aprire la strada è stata un’organizzazione internazionale, l’International Council on Clean Transportation. Secondo l’ICCT la valutazione delle emissioni dei veicoli sarebbe basata sul presupposto che tali vetture marcino per almeno il 60% del tempo in modalità elettrica.

Analizzando il consumo reale di oltre 100mila PHEV, l’ICCT ha concluso che tali veicoli percorrerebbero senza l’ausilio del motore termico meno del 37% della strada. Questo è frutto in buona misura dello stile di guida e delle abitudini degli automobilisti. Troppo spesso secondo l’ICCT vengono impiegate come classiche vetture a combustione, con un raro utilizzo della modalità 100% elettrica. Inoltre se non ricaricate giornalmente, o comunque in maniera adatta alla propria frequenza di utilizzo, il rischio è di non disporre della carica necessaria.

Per rendere questi veicoli davvero ecologici occorre prestare una serie di attenzioni. Innanzitutto una ricarica frequente della batteria, così da poter disporre della carica necessaria a garantire un’adeguata autonomia in modalità “full electric“. Adottare uno stile di guida regolare, minimizzando i consumi sia quando si utilizza il motore elettrico che quando si ricorre al benzina/diesel.

Il report T&E

Secondo quanto inserito nel report T&E nella realtà le emissioni di CO2 delle ibride PHEV risulterebbero tra le due e le quattro volte superiori rispetto a quanto omologato. Ciò fa temere per quelli che sono gli obiettivi nella lotta ai cambiamenti climatici. A preoccupare anche la crescente quota mercato dei SUV più inquinanti, per i quali risultano allentati i limiti alle emissioni in virtù del loro peso eccezionale.

Triplicheranno le vendite di auto elettriche in Europa nel 2020, passando da circa il 3 al 10%, mentre si attende una quota mercato del 15% nel 2021. Tuttavia la crescita potrebbe essere frenata, ha sottolineato T&E, da obiettivi poco ambiziosi da parte dell’UE. Importante inoltre fissare un limite chiaro e ravvicinato per lo stop alla vendita di veicoli a combustione interna. A sostenerlo Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club:

È indispensabile dunque fissare una data per la fine della vendita di veicoli a combustione interna al massimo entro il 2035, come ha recentemente deciso la California (e possibilmente al 2030). Rivolgiamo questa richiesta verso il nostro Governo, affinché possa orientare i consumatori e le imprese verso il futuro fatto di scelte per una mobilità sostenibile.

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