
Nel corso dell’ultimo anno, una serie di spot televisivi ha promosso un’acqua minerale leggera, vantando la sua capacità di ringiovanire la pelle. Questo messaggio è stato ripetuto su milioni di bottiglie e accompagnato da una pubblicità per un integratore contro la cellulite. Tuttavia, l’Antitrust e l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) hanno richiesto chiarimenti e interventi correttivi, senza avviare formalmente un procedimento per pubblicità ingannevole. Si è trattato, in sostanza, di un’azione di moral suasion pre-istruttoria, che ha portato le aziende a modificare le loro campagne per evitare potenziali sanzioni. In particolare, la nota marca di acqua ha aggiornato le sue pubblicità e le etichette, mentre il produttore dell’integratore ha ritirato lo spot incriminato.
In apparenza, la situazione sembra risolversi positivamente per tutti i soggetti coinvolti. L’Antitrust e l’IAP possono vantare il rispetto del principio di pubblicità “onesta, veritiera e corretta”, mentre le aziende hanno beneficiato di una campagna pubblicitaria che ha convinto milioni di consumatori della leggerezza dell’acqua e dell’efficacia dell’integratore. Tuttavia, nonostante le modifiche apportate, le aziende hanno comunque raggiunto i loro obiettivi di vendita, con l’acqua minerale e l’integratore che continuano a essere percepiti come prodotti miracolosi dai consumatori.
Consumatori penalizzati
Ma non tutto è roseo. L’unico soggetto realmente svantaggiato in questa vicenda è il consumatore, che rimane all’oscuro del fatto che la pubblicità fosse in qualche modo ingannevole. Continuerà ad acquistare l’acqua minerale e l’integratore, convinto della loro efficacia, mentre il messaggio promozionale iniziale persiste nella sua mente. Le aziende, pur avendo agito in modo discutibile, riescono a mantenere l’immagine positiva dei loro prodotti. Inoltre, è facile per loro riproporre spot simili dopo qualche mese, utilizzando gli stessi attori e melodie, modificando solo alcune frasi critiche. Questo rende difficile per il consumatore percepire le variazioni e alimenta la convinzione errata riguardo a questi prodotti.
Le due vicende in questione potrebbero essere accadute anche negli anni precedenti, senza che nessuno ne fosse a conoscenza. L’Antitrust e l’IAP, infatti, non rendono pubblici gli interventi di moral suasion e nemmeno le modifiche concordate per evitare il procedimento, creando un clima di opacità. L’accordo di moral suasion rimane segreto, custodito negli archivi delle istituzioni coinvolte, e solo il segnalatore, se presente, è a conoscenza di questi accordi. La notizia di tali interventi viene divulgata raramente, spesso solo in circostanze eccezionali attraverso comunicati stampa.
La pubblicità ingannevole vince
Questa situazione consente alle aziende di condurre campagne pubblicitarie che esaltano caratteristiche improbabili dei loro prodotti, garantendo un sostanziale anonimato. L’assenza di trasparenza è accentuata dalla tempistica degli interventi di moral suasion, che spesso avvengono a distanza di mesi dalla segnalazione, quando la campagna pubblicitaria è già terminata.
In aggiunta, non esiste un registro pubblico riguardo al numero di procedimenti conclusi in questo modo. Questo sistema evidenzia una mancanza di trasparenza nei confronti dei consumatori, che hanno il diritto di sapere se e quando sono stati ingannati. L’Antitrust, storicamente riconosciuta per la sua efficienza e autorità, dovrebbe rendere pubblici gli interventi di moral suasion e le modifiche apportate dalle aziende, in linea con le disposizioni del regolamento AGCM (art. 19) che disciplina gli impegni assunti dalle aziende in caso di avvio di un procedimento. È necessario rivedere le regole attuali, che attualmente avvantaggiano le aziende, consentendo loro di realizzare spot ingannevoli senza conseguenze.