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Caffè rimedio naturale contro il tumore alla prostata

Secondo uno studio bere caffè aiuta a prevenire il tumore alla prostata e aumenta le possibilità di sopravvivenza in caso di malattia.

Caffè rimedio naturale contro il tumore alla prostata

Bere caffè aiuta a prevenire o a combattere il tumore alla prostata. Queste le conclusioni a cui sono arrivati i ricercati della China Medical University, il cui studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica British Medical Journal.

Stando ai dati raccolti analizzando i profili di oltre un milione di persone, inclusi in 16 studi pubblicati prima di settembre 2020. Di questi, in 15 è stato confrontato il consumo di caffè con il rischio di patologia tumorale prostatica. L’assunzione giornaliera andava da nessuna a 9 o più tazze.

Dopo tale analisi i ricercatori hanno concluso che il consumo regolare di caffè aiuta a ridurre del 10% il rischio di insorgenza di tumore alla prostata. Guardando più nel dettaglio, in base alla quantità di bevanda ingerita i benefici andrebbero dal 9 fino al 12%.

Caffè e tumore alla prostata, aumento delle chance di sopravvivenza

A questo si aggiungerebbe un ulteriore 16% di probabilità di sopravvivenza, in caso di insorgenza di tumore alla prostata, qualora si consumi la bevanda tutti i giorni. Come ha sottolineato l’autore principale dello studio, il Dr. Kefeng Wang, le conclusioni tratte dovrebbero essere tenute nella dovuta considerazione in quanto:

La natura osservazionale con cui sono stati realizzati diversi studi di coorte inclusi nella revisione espone al rischio che fattori incontrollati e non misurati presenti negli studi originali abbiano alterato il rischio stimato ottenuto.

L’ammontare di caffè bevuto potrebbe essere stato mal espresso considerato che si basava su ricordi. Altro fattore a rischio il tipo di caffè consumato e i differenti metodi di preparazione variabili tra i diversi studi. La costruzione e i metodi dei vari studi inclusi è risultata diversificata, perciò occorre cautela nell’interpretare i risultati ottenuti.

Fonte: British Medical Journal

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