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Amazzonia, da polmone verde a nemica del clima?

Amazzonia, da polmone verde a nemica del clima: a causa dell'uomo, la foresta potrebbe non trattenere più anidride carbonica e metano.

Amazzonia, da polmone verde a nemica del clima?

Fonte immagine: Pexels

L’Amazzonia potrebbe trasformarsi da polmone verde del mondo a nemica del clima, almeno in senso lato. È quanto rivela una nuova analisi, unica nel suo genere, pronta a confermare come i danni procurati dall’uomo in questo paradiso di diversità potrebbero essere ormai irreversibili. Una perdita così profonda che potrebbe impedire alla foresta non solo di compensare le emissioni di CO2, ma addirittura di produrne a sua volta.

La ricerca ha coinvolto 30 scienziati associati alla National Geographic Society ed è stato pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Forests and Global Change.

Amazzonia distrutta, gli effetti sul clima

Da decenni si discute sulla protezione della Foresta Amazzonica, uno dei paradisi verdi più importanti dell’intero Pianeta, tanto da essere considerato un vero e proprio polmone verde a livello mondiale. Con la sua ricca biodiversità, e il numero enorme di specie vegetali che la abitano, la foresta è infatti in grado di immettere in atmosfera grandi quantità di ossigeno e di assorbire porzioni considerevoli di anidride carbonica.

Con la distruzione perpetrata dall’uomo, e vaste aree di questo paradiso disboscate, l’Amazzonia sta però perdendo questo ruolo. Le vegetazioni sembrano sempre essere meno in grado di assorbire CO2 e, in futuro, potrebbero addirittura contribuire alla sua produzione. In particolare, gli scienziati hanno evidenziato come le attività di deforestazione stiano portando a un rilascio enorme di anidride carbonica e altri gas serra in atmosfera: i numerosi incendi dolosi, ad esempio, sono responsabili del 3.5% delle emissioni di metano a livello globale.

Normalmente, la foresta Amazzonica funziona grazie a un preciso e delicato equilibrio. Le fronde verdi degli alberi gareggiano in altezza per raccogliere la luce solare, necessaria per il processo di fotosintesi. Queste foglie assorbono quindi anidride carbonica, che viene poi accumulata nei tronchi e nel terreno, rendendo quest’ultimo molto ricco. Si sviluppano quindi vegetazioni più piccole e basse, che non riescono a raccogliere completamente la luce solare, tuttavia approfittando degli elementi nutritivi portati dalle grandi piante nel terreno. Il tutto grazie anche a un ambiente estremamente umido, dovuto anche alla traspirazione della vegetazione, che permette di avere sempre a disposizione grandi quantità di acqua. In teoria, la Foresta Amazzonica prima dell’intervento umano era in grado di assorbire dall’atmosfera 200 giga tonnellate di carbonio l’anno.

Questa ricchezza di anidride carbonica ha però alimentato la proliferazione di moltissimi microorganismi, come i batteri, che producono grandi quantità di metano, un potentissimo gas serra. Finché la foresta è rimasta intatta, piante e microrganismi mantenevano l’assorbimento di CO2 e di metano, ma con l’abbattimento di grandi porzioni di bosco tale equilibrio è andato perduto. E ora si rischia che in atmosfera vengano rilasciate grandi quantità di metano che potrebbero addirittura pesare sui processi climatici.

Il processo non è irreversibile, ma bisogna agire sin da subito. Così come ha spiegato Kristofer Covey, docente di studi ambientali dello Skidmore College di New York:

L’abbattimento delle foreste sta interferendo con l’assorbimento di anidride carbonica, è un problema. E quando si comincia a vedere questo problema insieme ad altri fattori oltre alla CO2, emerge come senza interventi l’Amazzonia potrebbe influire sul riscaldamento del clima globale.

Oggi l’Amazzonia ha già perso il 17% della sua estensione, secondo gli esperti il raggiungimento del 20-25% potrebbe rendere molto complessa la regolazione delle emissioni in questo paradiso naturale.

Fonte: National Geographic

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