
A distanza di un anno dall’assunzione, ben sei infermieri su dieci esprimono il desiderio di cambiare unità operativa per migliorare la propria condizione lavorativa. Tra questi, il 30% prevede di lasciare la professione nei prossimi mesi. Queste preoccupanti statistiche sono state evidenziate da Giuseppino Conti, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche (Opi) di Ancona, durante un incontro che si è tenuto oggi a Palazzo delle Marche, intitolato “Le necessità assistenziali per i bisogni di salute della popolazione”. L’evento è stato promosso dal Consiglio regionale e dal presidente Dino Latini.
La necessità di cambiamenti strutturali
Conti ha sottolineato l’urgenza di affrontare la professione infermieristica in modo radicale, non solo sotto il profilo numerico ma anche qualitativo. Ha messo in evidenza le criticità legate alle dotazioni organiche, alla dequalificazione e al burnout, fattori che contribuiscono alla disaffezione verso la professione. “Gli infermieri italiani sono tra i meno retribuiti in Europa, nonostante le loro elevate competenze. Il nuovo contratto non offre il supporto necessario”, ha dichiarato Conti, evidenziando l’importanza di un adeguato riconoscimento professionale.
L’incontro ha anche messo in luce come l’Italia, il secondo paese più longevo al mondo dopo il Giappone, si troverà di fronte a un aumento della domanda di assistenza per persone che non possono essere gestite in ambito ospedaliero. “È fondamentale sviluppare l’assistenza sul territorio e domiciliare, e per questo abbiamo bisogno di professionisti specializzati, come gli infermieri di famiglia e di comunità“, ha aggiunto Conti, evidenziando la necessità di un approccio più integrato alla salute pubblica.
La carenza di medici e la risposta degli infermieri
Un altro punto critico emerso riguarda la carenza di medici di medicina generale, particolarmente nelle aree montane e svantaggiate. Attualmente, nelle Marche si contano 846 medici attivi per una popolazione di poco più di 1 milione e 200 mila persone, con un 32% di medici non massimalisti. “Se ci sono carenze nel numero dei medici, è fondamentale attivare gli infermieri di famiglia e di comunità, che possiedono competenze elevate nel campo delle cure primarie e possono gestire i pazienti a domicilio”, ha affermato Conti.
In merito alla crescente violenza nei confronti del personale sanitario, Conti ha sottolineato l’importanza di identificare tempestivamente le situazioni di aggressività e di formare il personale su come gestirle. “I posti di polizia sono utili, ma non possono essere la sola soluzione. È fondamentale sviluppare una cultura della segnalazione con tolleranza zero verso gli atti di violenza”, ha concluso.
Il futuro della sanità in Italia
A fare eco alle preoccupazioni di Conti è stato Aldo Savi, sottosegretario alla Presidenza della Regione Marche, che ha evidenziato come, entro il 2050, il 34,9% della popolazione italiana avrà più di 65 anni. “L’invecchiamento della popolazione è una questione cruciale con cui dobbiamo confrontarci. Se non riusciremo a modificare alcuni aspetti fondamentali della sanità, non saremo in grado di sostenerla”, ha avvertito Savi.
Savi ha inoltre sottolineato la necessità di aumentare i posti letto e di ridurre le degenze, affrontando anche il problema del “boarding”, ovvero la pratica di tenere i pazienti in attesa di ricovero, che rappresenta una vera piaga per i pronto soccorso. “È necessario fornire ai cittadini risposte di prossimità. Il modello di sanità centrato sull’ospedale è ormai obsoleto; è il territorio e la casa che devono diventare i punti focali della cura”, ha affermato.
Infine, Dino Latini, presidente del Consiglio Regionale delle Marche, ha rimarcato l’importanza di una sanità realmente orientata verso le esigenze delle persone, evidenziando come il ruolo degli infermieri di famiglia sarà cruciale in questo nuovo paradigma assistenziale.