
Conto pignorato, cosa é possibile fare(www.greenstyle.it)
Negli ultimi anni, il tema del pignoramento del conto corrente ha assunto un’importanza sempre maggiore. Cosa bisogna sapere.
A partire dal 2024, il Fisco avrà la possibilità di avviare il pignoramento del conto corrente dopo soli 60 giorni di ritardo nel pagamento di tributi come IMU o TARI. Questa accelerazione può avere conseguenze significative per i contribuenti, molti dei quali potrebbero ritrovarsi con il proprio conto bloccato, complicando notevolmente la gestione delle proprie finanze quotidiane.
La banca ha il diritto di bloccare il conto corrente del cliente in diverse circostanze. Tra le più comuni, troviamo:
- Notifica di un atto di pignoramento: La banca è obbligata a intervenire se riceve una notifica di pignoramento da parte di un creditore.
- Scoperto di conto non autorizzato: L’utilizzo di fondi oltre il saldo disponibile senza un accordo di fido può portare alla limitazione delle operazioni sul conto.
- Inattività del conto: Conti correnti che non registrano operazioni per oltre 10 anni possono essere bloccati.
- Inadempienze alle normative antiriciclaggio: La mancata compilazione di un questionario di identificazione entro 60 giorni comporta il blocco del conto.
Il ruolo della banca nel pignoramento
Quando un creditore ottiene un titolo esecutivo, come una sentenza o un decreto ingiuntivo, può procedere al pignoramento delle somme presenti sul conto corrente del debitore. In questo contesto, la banca funge da “terzo pignorato” e deve rispettare gli obblighi previsti dall’art. 546 del codice di procedura civile. Questo articolo stabilisce che la banca, dal momento in cui riceve la notifica dell’atto di pignoramento, non può compiere atti che possano pregiudicare i diritti del creditore. Pertanto, è tenuta a congelare le somme pignorate, impedendo al correntista di disporne liberamente.
La procedura di pignoramento presso terzi si avvia con la notifica dell’atto alla banca, che deve fornire una dichiarazione sull’esistenza e l’ammontare dei debiti del correntista entro 10 giorni dalla notifica. L’omissione o la falsificazione di tali informazioni potrebbe comportare responsabilità per l’istituto bancario.

È fondamentale sapere che non tutte le somme presenti sul conto corrente sono soggette a pignoramento. Stipendi, pensioni e assegni sociali godono di una certa protezione legale. In base all’art. 545 del codice di procedura civile, esistono limiti specifici per quanto riguarda la pignorabilità di tali somme, garantendo ai debitori una parte dei loro redditi necessaria per il sostentamento.
Ad esempio, se un correntista ha sul proprio conto una somma derivante da stipendio o pensione accreditata prima della notifica dell’atto di pignoramento, soltanto l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale può essere pignorato. Con un assegno sociale fissato a 538,69 euro nel 2025, la soglia impignorabile risulta essere di 1.616,07 euro. Pertanto, su un saldo di 2.000 euro, solo 383,93 euro sarebbero pignorabili.
Per le somme accreditate dopo la notifica del pignoramento, si applicano limiti diversi: per gli stipendi, il pignoramento può avvenire fino a un quinto dell’importo netto percepito, mentre per le pensioni si può pignorare un quinto della parte eccedente il minimo vitale, stabilito come doppio dell’assegno sociale.
Opposizione a un pignoramento bancario
Se un correntista si trova in una situazione di pignoramento del conto, ha a disposizione strumenti legali per opporsi. L’opposizione all’esecuzione può essere presentata se il correntista ritiene che il creditore non abbia il diritto di procedere, mentre l’opposizione agli atti esecutivi si concentra sulla correttezza formale degli atti di pignoramento.
Le opposizioni possono essere fondate su varie motivazioni, come l’inesistenza del debito, l’impossibilità di pignorare determinate somme o irregolarità nella procedura di pignoramento. Ad esempio, se il correntista dimostra di avere già saldato il debito, può chiedere lo sblocco del conto.