Differenze essenziali tra integrazione al minimo e assegno sociale(www.greenstyle.it)
Il 2026 si prospetta come un anno di importanti novità, soprattutto per chi ambisce a andare in pensione a 62 anni.
La possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro, che negli ultimi anni è stata fortemente limitata, torna infatti al centro del dibattito politico e sociale, con proposte concrete che potrebbero modificare le regole attualmente in vigore. Non tutti però potranno beneficiare di questa opportunità: la futura riforma prevede requisiti stringenti e condizioni specifiche, che favoriranno particolari categorie di lavoratori, soprattutto quelli con redditi medio-bassi.
Da gennaio 2026 potrebbe entrare in vigore la cosiddetta Quota 41 flessibile, una misura pensata per consentire a molti lavoratori di anticipare la pensione di almeno cinque anni rispetto all’attuale uscita prevista dalla Legge Fornero, fissata a 67 anni. La proposta prevede la possibilità di andare in pensione a 62 anni, ma solo a condizione di aver maturato almeno 41 anni di contributi.
L’attuale Quota 41, riservata a categorie particolari come i lavoratori precoci, i disoccupati, i caregiver, gli invalidi e chi svolge mansioni gravose, consente l’uscita indipendentemente dall’età anagrafica. La nuova Quota 41 flessibile, invece, introduce un’età minima di 62 anni come requisito imprescindibile, accanto ai 41 anni di contributi.
Un elemento di novità fondamentale è la penalizzazione sull’assegno pensionistico: per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia, verrà applicata una riduzione fissa del 2%. Questo significa che chi andrà in pensione a 62 anni, anticipando di 5 anni, subirà una decurtazione del 10% sull’importo dell’assegno mensile.
Tuttavia, la riforma tutela i redditi più bassi: chi possiede un ISEE inferiore a 35.000 euro sarà esentato totalmente da questa penalizzazione. In questo modo, la misura si configura come una Quota 41 selettiva, che introduce il requisito anagrafico ma protegge i pensionati a reddito più basso, evitando di gravare sulle finanze pubbliche.
La Quota 41 flessibile potrebbe quindi rappresentare una soluzione equilibrata tra la necessità di flessibilità per il pensionamento anticipato e la sostenibilità economica del sistema previdenziale.

Un capitolo a parte riguarda la pensione commercianti, una categoria di lavoratori autonomi iscritti alla gestione INPS commercianti, che presenta regole e requisiti propri, spesso meno favorevoli rispetto ai lavoratori dipendenti.
Per accedere alla pensione di vecchiaia commercianti nel periodo 2024-2027, è necessaria l’età minima di 67 anni, valida sia per uomini che per donne, titolari di impresa o soci lavoratori. Inoltre, chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 deve vantare almeno 20 anni di contributi e percepire una pensione annua non inferiore all’ammontare dell’assegno sociale INPS, fissato a 534,41 euro lordi mensili per il 2024. In caso contrario, la pensione potrà essere erogata soltanto a 71 anni, purché si abbiano almeno 5 anni di contributi.
Per la pensione anticipata commercianti, i requisiti contributivi sono simili a quelli degli altri lavoratori: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. La soglia prevista per il 2019 a 43 anni è stata però bloccata fino al 2026, permettendo quindi una più ampia possibilità di accesso all’anticipata.
Un’alternativa per le donne è rappresentata dall’Opzione Donna, che consente il pensionamento anticipato con ricalcolo contributivo dell’assegno, ma con condizioni restrittive e finestre di attesa più lunghe.
La contribuzione per i commercianti si basa su un reddito minimale, che nel 2024 è fissato a 18.415 euro, con un’aliquota del 24,48%, pari a un versamento minimo di circa 4.515 euro annui. Se il reddito annuo supera questo minimo, si applica un contributo aggiuntivo a conguaglio. È importante sottolineare che, a causa di aliquote contributive più basse e modalità di calcolo diverse dal sistema dipendenti, il tasso di sostituzione per i commercianti è spesso più sfavorevole, con pensioni che possono risultare significativamente inferiori all’ultimo reddito percepito.
Prospettive e scenari per il pensionamento nel 2026 e oltre
Le indicazioni dell’INPS e le ultime analisi demografiche indicano che nel biennio 2027-2028 potrebbe essere necessario un ulteriore adeguamento dei requisiti di età, con un incremento previsto di 3 mesi per la pensione di vecchiaia, che passerebbe quindi a 67 anni e 3 mesi. Tuttavia, il Governo sta valutando la possibilità di congelare questo aumento per contenere l’impatto sulle pensioni future.
Le pensioni anticipate, che non richiedono un’età minima ma solo un requisito contributivo (41 anni e 10 mesi per le donne, 42 anni e 10 mesi per gli uomini), sono attualmente congelate fino al 31 dicembre 2026, con possibili modifiche in arrivo.
Per i lavoratori interamente nel regime contributivo, esiste la possibilità di una pensione anticipata contributiva a 64 anni con almeno 20 anni di contributi e un assegno pari ad almeno tre volte l’assegno sociale (circa 21.000 euro annui lordi).
Misure temporanee come Opzione Donna e APE Sociale continuano a esistere ma con criteri più restrittivi e finestre di accesso limitate. In particolare, l’APE Sociale è rivolta a categorie svantaggiate come lavoratori gravosi, caregiver, invalidi civili e disoccupati di lunga durata, con un’età minima elevata a 63 anni e 5 mesi nel 2024.
Infine, la scelta tra le diverse opzioni di pensionamento – Quota 103, Quota 41 flessibile, pensione di vecchiaia, anticipata o contributiva – richiede un’attenta valutazione individuale, considerando i vantaggi economici e le penalizzazioni applicate. Servizi di consulenza previdenziale personalizzata, come OK Pensione, offrono simulazioni dettagliate per evitare errori e ottimizzare le scelte in vista del pensionamento.
Il 2026 si annuncia quindi come un anno di svolta per la previdenza italiana, con nuove opportunità per chi desidera andare in pensione a 62 anni, ma anche con sfide significative legate alla sostenibilità del sistema e alla necessità di tutelare le categorie più vulnerabili.
