Le alternative al mutuo tradizionale e le strategie per ripresentare la domanda(www.greenstyle.it)
Quando sfrattare un inquilino che occupa abusivamente l’immobile è reato? L’errore da non fare mai o si finisce in Tribunale.
L’occupazione abusiva di un immobile rappresenta un fenomeno delicato che coinvolge aspetti civili e penali, spesso fonte di controversie tra proprietari e occupanti.
È fondamentale distinguere quando l’azione del proprietario per ottenere il rilascio dell’immobile può configurarsi come un reato e quando, invece, si tratta di una legittima tutela della proprietà.
Occupazione abusiva: quando lo sfratto non basta
L’occupazione abusiva di un immobile si configura come reato solo se l’accesso è stato effettuato senza il consenso del proprietario. In altre parole, chi entra illegalmente nell’abitazione senza titolo commette un illecito penale. Tuttavia, il semplice fatto di continuare a vivere nell’immobile dopo la scadenza di un contratto di locazione o comodato non costituisce automaticamente un reato penale. In questo quadro, la domanda più frequente riguarda la possibilità di procedere con lo sfratto dell’occupante abusivo. La normativa vigente (artt. 657 e ss. cod. proc. civ.) consente lo sfratto solo in presenza di un valido contratto di locazione.
In assenza di questo, non è possibile avviare la procedura di sfratto classica, che garantisce tempi rapidi per la liberazione dell’immobile. Tuttavia, il proprietario non è privo di strumenti per recuperare la propria proprietà: deve ricorrere a un’azione civile ordinaria per il rilascio dell’immobile, nota come azione di rilascio per occupazione sine titulo (artt. 447-bis e ss. cod. proc. civ.). Tale procedura, pur essendo più lunga, rappresenta l’unica via legale per ottenere la restituzione dell’immobile da parte di un occupante senza titolo.
Molti proprietari, spinti dalla frustrazione, tentano di “fare giustizia da sé” con metodi illegali. La legge, però, punisce severamente queste condotte. Per esempio, staccare la corrente elettrica o chiudere il contatore dell’acqua a chi occupa abusivamente l’immobile è vietato e configura il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (art. 392 cod. pen.). Questo reato si applica anche quando non si causano danni materiali, ma si limita la fruizione del bene, come stabilito dalla Cassazione (sentenza n. 35876/2019).

Analogamente, la sostituzione della serratura della porta d’ingresso con l’intento di impedire l’accesso all’occupante abusivo rappresenta un altro esempio di violenza sulle cose punibile penalmente (Cass., 14 novembre 2017, n. 3348). Queste azioni sono considerate forme di autogestione della giustizia, che la legge non tollera, invitando i proprietari a rivolgersi alle autorità competenti. La possibilità di denunciare un occupante abusivo sussiste solo se questi si è introdotto nell’immobile senza alcun diritto, configurando il reato di invasione di edifici (art. 633 cod. pen.).
Diversamente, non è perseguibile penalmente chi rimane nell’immobile dopo la scadenza del contratto di locazione, anche se a titolo abusivo, come chiarito dalla Cassazione (sentenza n. 16932/2016). Invece, chi entra temporaneamente senza permesso, senza l’intenzione di occupare stabilmente, può essere denunciato per il reato di violazione di domicilio (art. 614 cod. pen.). Questi distinguo sono fondamentali per evitare errori procedurali da parte dei proprietari e per garantire il rispetto delle norme penali e civili. La gestione delle controversie relative all’occupazione abusiva richiede, dunque, una conoscenza precisa delle norme e delle procedure, evitando azioni arbitrarie che possono trasformare un diritto in un illecito penale.
