
I nomi meno amati in Italia e in Europa (www.greenstyle.it)
In Europa, ogni paese manifesta una particolare percezione riguardo ai nomi di persona che risultano meno graditi o addirittura “odiati”.
In Italia, la maggior parte dei nomi maschili e femminili deriva da tradizioni antiche, spesso legate a figure religiose come santi e apostoli: esempi emblematici sono Luca, Francesco, Marco, Pietro e Giovanni. Questa scelta riflette il profondo legame culturale e religioso del paese. Tuttavia, accanto ai nomi classici, alcune ricerche e sondaggi evidenziano una lista di nomi percepiti negativamente o poco graditi dalla popolazione.
Secondo un sondaggio diffuso sui social network, i nomi meno amati in Italia sono Kevin (anche nella variante Chevin), Gionatan e Ciro. Questi nomi, per motivi diversi, non incontrano il favore generale: Kevin è spesso visto come un nome anglosassone importato, che si discosta dalle tradizioni italiane e viene talvolta associato a stereotipi di esterofilia o di ostentazione. Gionatan e Ciro, pur più tradizionali, sono percepiti negativamente da alcune fasce della popolazione per ragioni che spaziano dal suono alla frequenza d’uso.
Lo stesso nome Kevin è presente in altre nazioni europee come uno dei più criticati: è il nome meno amato anche in Francia e Germania, segno di una certa omogeneità di percezione negativa verso nomi di origine anglosassone in varie culture europee.
Nel Regno Unito, ad esempio, il nome meno apprezzato è Karen, un nome femminile che ha acquisito connotazioni negative legate a stereotipi sociali. In Finlandia, il nome meno gradito è Jonne, mentre in Portogallo è Fabio. In Spagna, tra i nomi meno amati figurano Cayetano e Jonathan, quest’ultimo simile nella percezione al nostro Gionatan. Anche in Grecia sono poco apprezzati Giannis e Dimitris, nomi comuni nella tradizione ellenica.
Le ragioni culturali e sociali dietro le antipatie verso alcuni nomi
Non esiste una spiegazione univoca per cui certi nomi siano percepiti negativamente. Nel caso di Kevin, ad esempio, il nome è visto da molti come un simbolo di modernità forzata o di adozione di modelli culturali stranieri, che cozza con la tradizione italiana. Questo meccanismo di rifiuto può essere associato anche a un sentimento di “antitalianismo” interno, ovvero una forma di resistenza a elementi esterni o percepiti come tali.
In generale, i nomi poco amati sono spesso collegati a stereotipi, pregiudizi e persino a esperienze personali negative. In alcuni casi, l’antipatia nasce da associazioni con personaggi pubblici poco popolari o da mode passeggere che svaniscono col tempo.

L’ostilità verso certi nomi può essere interpretata anche in un contesto più ampio di antitalianismo, un fenomeno che indica la discriminazione o il pregiudizio contro gli italiani e la cultura italiana, presente soprattutto in alcune aree del Nord America e dell’Europa centro-settentrionale. Questo atteggiamento si è sviluppato storicamente a partire dalle ondate migratorie italiane tra XIX e XX secolo e da eventi storici e politici complessi.
Negli Stati Uniti, ad esempio, gli immigrati italiani furono spesso vittime di stereotipi negativi, associati a un’immagine di criminalità e di “diversità” culturale rispetto alla maggioranza protestante anglosassone. Questo pregiudizio si rifletteva anche nella percezione di nomi italiani o anglosassoni adottati dagli immigrati, contribuendo a consolidare un sentimento di esclusione.
Nel contesto europeo, l’antitalianismo assume diverse forme e può influenzare anche la percezione dei nomi stranieri o italiani più moderni, visti come segni di una cultura che si vuole difendere da influenze esterne. In Italia, dunque, il rifiuto di nomi come Kevin può essere letto anche come una reazione culturale a un mondo sempre più globalizzato e a modelli che entrano in collisione con una tradizione secolare.