Greenstyle Ambiente Animali Come fare un allevamento sostenibile: le caratteristiche

Come fare un allevamento sostenibile: le caratteristiche

Come fare un allevamento sostenibile? Si parla sempre di sostenibilità degli allevamenti, ma quali caratteristiche devono avere? Inoltre bisogna considerare che, accanto a questo concetto, bisognerebbe anche cominciare a pensare di mangiare meno carne

Come fare un allevamento sostenibile: le caratteristiche

Per quanto ci siano persone negazioniste, è sotto gli occhi di tutti quanto ormai siamo in balia degli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici. Piogge torrenziali, alluvioni, grandinate violente, siccità, trombe d’aria… Si tratta tutti di eventi atmosferici scatenati dai cambiamenti climatici. Fra le soluzioni che possiamo mettere in atto per ridurre i quantitativi di emissioni di gas serra e rallentare così l’inevitabile progressione del surriscaldamento terrestre, c’è anche quello di ridurre gli allevamenti intensivi, visto che proprio questi pare che siano fra i maggiori produttori di CO2 e metano. Il che vuol dire passare a degli allevamenti che siano sempre più sostenibili. Già, ma come fare un allevamento sostenibile?

Caratteristiche di un allevamento sostenibile

maiali

Quali caratteristiche dovrebbe avere un allevamento sostenibile? Eccole:

  • ridurre le dimensioni degli allevamenti, evitando dunque gli allevamenti intensivi (il che può essere fatto solo se riduciamo il consumo di carne, passando magari a fonti alternative proteiche, come le proteine su base vegetale per chi può mangiarle o come la carne coltivata in laboratorio… Ah, già, ma il nostro lungimirante Governo ha deciso di precludersi preventivamente questa alternativa, così, per partito preso)
  • utilizzare maggiormente razze locali e razze rustiche, in modo da garantire la biodiversità
  • rispettare i ritmi di crescita naturali degli animali
  • quando le condizioni atmosferiche lo consentono, allevare in modo estensivo al pascolo (il che vuol anche dire dare più spazio al verde e ai pascoli, non asfaltando e urbanizzando ogni singolo ciuffo d’erba)
  • mai destagionalizzare i calori e rispettare i periodi di riproduzione delle singole specie
  • nutrire gli animali con alimenti naturali, riducendo o evitando gli insilati di mais (o prodotti come la soia che, per la sua produzione, è collegata al problema della deforestazione) e integrando il pascolo con fieno e mangimi locali. La cosa ideale sarebbe riuscire a prodursi da sé le materie prime necessarie per la loro alimentazione
  • evitare le mutilazioni degli animali
  • utilizzare i trattamenti antibiotici solo per motivi di cura e quando non sia possibile fare altrimenti
  • fare in modo di non dover trasportare gli animali per lunghe distanze quando devono raggiungere il macello, in modo da evitare sofferenze e paura
  • produrre i trasformati senza usare conservanti e altri additivi

L’allevamento intensivo bovino è sostenibile?

Fonte: Pixabay

Alla luce di quanto detto sopra, è chiaro come l’attuale sistema di allevamento intensivo bovino (ma anche di altri animali come polli e maiali) non sia sostenibile. Non solo per una questione di benessere animale (gli animali sono accatastati gli uni sugli altri, non possono muoversi, sono costretti a ritmi di crescita e di riproduzione non fisiologici in modo da rendere di più, a causa dello stretto contatto sono a maggior rischio di malattie e automutilazioni…), ma anche perché produttivamente parlando non è pensabile andare avanti in questo modo.

Allevamenti del genere fanno sì che gran parte della produzione mondiale di cereali sia destinata all’alimentazione di animali al posto di essere utilizzata per l’alimentazione umana. Inoltre questi allevamenti producono tantissimi gas serra e consumano tantissime risorse, fra cui anche acqua e terreno.

Ma per passare a una condizione di allevamento sostenibile, è fondamentale che impariamo a mangiare meno carne, almeno là dove possibile. Perché se da parte nostra continuiamo ad alimentare una domanda di grandi quantitativi di carne a basso costo, è evidente che nulla potrà mai cambiare.

Fonti:

  1. Slow Food
  2. Anmvi Oggi
  3. Sustainable Agriculture Research and Education

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