Prezzo del caffè ai massimi storici: le cause principali(www.greenstyle.it)
Il prezzo del caffè continua a salire, avvicinandosi sempre più alla soglia dei 2 euro a tazzina una vera e propria “tempesta perfetta”.
Il mercato del caffè sta vivendo una fase di crisi senza precedenti, con quotazioni ai livelli più alti degli ultimi cinquant’anni. Il prezzo per libbra ha raggiunto circa 380 euro, quasi tre volte la media storica. Tale aumento è imputabile principalmente a due grandi cause: i dazi sulle importazioni dal Brasile e le condizioni climatiche avverse nei principali paesi produttori.
Il cambiamento climatico ha colpito duramente le nazioni che rappresentano i maggiori fornitori mondiali di caffè. Fenomeni estremi come la siccità in Vietnam e le piogge torrenziali in Brasile hanno ridotto i raccolti, alimentando una crisi dell’offerta. Già nel 2024 il prezzo dei chicchi grezzi era salito fino all’80%. A ciò si aggiungono i costi energetici crescenti, soprattutto gas ed elettricità, che influenzano direttamente il prezzo della torrefazione, oltre ai costi logistici internazionali aggravati da congestioni portuali e noli marittimi raddoppiati.
A questi fattori si sommano l’inflazione legata a imballaggi e manodopera, la speculazione finanziaria, e le nuove normative europee contro la deforestazione. Le regole sull’importazione impongono ai produttori sistemi di tracciabilità e certificazioni ambientali che, seppur necessari per la sostenibilità, rappresentano un ulteriore costo, particolarmente gravoso per i piccoli produttori, che si traduce in un prezzo finale più alto.
Impatto dei dazi e dinamiche commerciali globali
Un altro elemento critico è rappresentato dai dazi al 50% imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni di caffè brasiliano. Il Brasile detiene il 40% della produzione mondiale di arabica e circa il 30% di robusta, coprendo da solo il 31% dell’export globale. La riduzione della produzione brasiliana, prevista in calo del 6% nel 2025, mette sotto pressione l’intero mercato.
Filippo Roda, analista di materie prime per Areté, sottolinea che l’incertezza legata ai dazi sta condizionando fortemente i prezzi. Gli Stati Uniti, pur essendo il secondo importatore mondiale, stanno vedendo aumentare i costi a causa delle tariffe, che potrebbero tradursi in rincari del 25% al consumatore finale. Questo scenario potrebbe favorire l’Europa, il primo importatore mondiale, che potrebbe quindi acquistare caffè brasiliano a prezzi relativamente più vantaggiosi.
Tuttavia, la concorrenza si fa agguerrita anche sul fronte asiatico. La Cina ha infatti autorizzato 183 aziende brasiliane a esportare chicchi, puntando a incrementare le proprie importazioni. Sebbene oggi il mercato cinese rappresenti solo il 4% del totale mondiale, la crescita delle importazioni (+90% negli ultimi dieci anni) e dei consumi (+150%) indica un potenziale aumento della domanda che potrebbe influenzare ulteriormente il panorama globale.

In Italia, il rincaro del caffè al bar è ormai palpabile e in costante aumento. Secondo il Centro studi di Unimpresa, il prezzo medio nazionale della tazzina è cresciuto del 19% rispetto al 2021 e del 3,4% rispetto al 2024, con una forbice significativa tra Nord e Sud. Cristina Scocchia evidenzia come a Bolzano e Benevento il costo si aggiri intorno a 1,50 euro, mentre a Catanzaro si attesta su circa 1 euro.
Le previsioni indicano che entro la fine del 2025 si supererà la soglia simbolica di 2 euro per una tazzina, considerando solo il costo della materia prima, senza contare gli ulteriori margini applicati dai gestori dei bar. Questa crescita è influenzata non solo dalla crisi globale del mercato ma anche da fattori locali come il costo della vita e la capacità di spesa delle diverse aree geografiche.
L’aumento del prezzo non è solo un problema per i consumatori, ma rappresenta una sfida per l’intera filiera del caffè, dagli agricoltori ai torrefattori, fino ai baristi. Il contesto attuale spinge a riflettere su come garantire sostenibilità economica e ambientale in un mercato sempre più complesso e volatile.
