Greenstyle Ambiente Giornata mondiale contro i test nucleari: cos’è e perché celebrarla

Giornata mondiale contro i test nucleari: cos’è e perché celebrarla

La Giornata mondiale contro i test nucleari è una ricorrenza voluta dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Cosa dobbiamo sapere e perché si celebra.

Giornata mondiale contro i test nucleari: cos’è e perché celebrarla

Fonte immagine: Pixabay

Si celebra oggi la Giornata mondiale contro i test nucleari, una ricorrenza voluta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sensibilizzare sui rischi degli esperimenti nucleari a scopo bellico. L’iniziativa va di pari passo con l’attuazione del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari, ratificato nel 1996 ma tuttavia mai entrato in vigore. Ma quali sono gli obiettivi di questa giornata mondiale, perché si celebra il 29 agosto di ogni anno e, soprattutto, perché partecipare?

Come già accennato, la Giornata mondiale contro i test nucleari riguarda unicamente le attività di sensibilizzazione per chiedere lo stop agli esperimenti in ambito militare, come la creazione di nuove bombe atomiche o il perfezionamento delle esistenti. A dispetto delle credenze comuni, questa ricorrenza non riguarda invece la ricerca scientifica sul nucleare impiegato a scopi positivi, come lo studio di nuove e più sicure tecnologie per lo sfruttamento dell’atomo per produrre energia.

Cosa è la Giornata mondiale contro i test nucleari

Test nucleari

La Giornata mondiale contro i test nucleari è nata il 2 dicembre 2019, per volere dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con l’adozione all’unanimità della risoluzione 64/35. La data scelta è quella del 29 agosto ed è tutto fuorché casuale. In questo giorno, infatti, nel 1991 si chiuse il sito di esperimenti nucleari di Semipalatinsk in Kazakistan, dove l’allora Unione Sovietica condusse più di 450 testi atomici incontrollati.

La ricorrenza voluta dalle Nazione Unite ha come obiettivo quello di sensibilizzare gli Stati Membri, i governi, le istituzioni, le organizzazioni governative e non governative alla rinuncia totale ai test nucleari a scopo bellico.

L’istituzione di un divieto alle attività di sperimentazione militare delle armi nucleari, infatti, è considerato un obiettivo primario per garantire all’uomo un futuro privo di conflitti atomici che – allo stato dell’arte delle tecnologie attuali – potrebbero rivelarsi estremamente distruttivi per il Pianeta.

Ancora, questa iniziativa mira a informare l’opinione pubblica e i vari governi nazionali sull’importanza del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari. Un accordo che, per quanto ratificato nel 1996, tutt’oggi non ha trovato applicazione. In linea generale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite considera i test nucleari:

  • Un pericolo e un ostacolo alla pace a livello mondiale, perché la corsa agli armamenti nucleari non fa altro che aumentare le tensioni fra Paesi e aumenta il rischio di conflitti atomici nefasti;
  • Un danno per gli ecosistemi dove questi test sono condotti;
  • Un pericolo per l’uomo, soprattutto se condotti da Nazioni che non offrono dati sufficientemente trasparenti sulla potenza dei test effettuati e sulla possibile esposizione alle conseguenti radiazioni.

Il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari

La continua opposizione all’entrata in vigore del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari è una delle ragioni che ha portato all’istituzione della Giornata mondiale contro i test nucleari.

Elaborato dal 1993 al 1996, questo trattato – noto anche come CTBT, dall’inglese “Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty” – fu adottato il 10 settembre del 1996 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, all’interno della Conferenza del Disarmo.

Si tratta di un’evoluzione del precedente Trattato sulla messa al bando parziale degli esperimenti nucleari, risalente al 1962, con il quale si limitavano gli ambienti in cui gli esperimenti potessero essere condotti.

Nonostante l’adozione negli anni ’90 dello scorso secolo, il CTBT non è mai entrato in vigore, cioè non è mai stato applicato. Questo per le rimostranze di alcune potenze mondiali – come Cina, Stati Uniti e Russia – che continuano a considerare questi test necessari. Secondo le nazioni che si oppongono:

  • Il divieto agli esperimenti in ambito bellico impedirebbe ai Paesi di aggiornare i propri arsenali nucleari o di cominciare ad acquisirli, per chi ancora non ne è in possesso, determinando così enormi svantaggi in caso di conflitto;
  • Limiterebbe la manutenzione degli ordigni già esistenti e i test ciclici sulle tecnologie già esistenti, poiché impedirebbe l’esplosione di bombe a scopo di studio.

I test nucleari più noti e dannosi della storia

Quando si pensa alle armi nucleari, alla mente non possono che balzare le immagini della bomba atomica sganciata su Hiroshima nel 1945, al termine della Seconda Guerra Mondiale. Eppure nel corso dei successivi decenni si contano numerosi test e altrettante esplosioni, con potenze addirittura superiori a quelle sganciate sul territorio nipponico.

Ma quali sono i test nucleari più noti, pericolosi e dannosi della storia?

Dalla Seconda Guerra Mondiale al Dopoguerra

Esplosione nucleare di Trinity

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu il motore per un’intensa accelerazione sui test nucleari. Le maggiori potenze mondiali – a partire dagli Stati Uniti – volevano dimostrare di essere in possesso di armi pericolosissime e distruttive.

Questa spinta proseguì anche al termine del conflitto, protraendosi sino all’inizio degli anni ’70. In questo lasso di tempo si registrano numerosi esperimenti. Ma quali sono alcuni dei più noti?

  • Trinity: è il primo test nucleare della storia, condotto dagli USA presso il poligono di Alamogordo, nel Nuovo Messico. L’esperimento, incluso nel Progetto Manhattan, fu propedeutico alle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Fu condotto il 16 luglio del 1945.
  • Ivy Mike: sempre condotto dagli Stati Uniti, l’esperimento avvenne il primo novembre del 1952 per verificare la prima bomba a idrogeno, bomba H, mai prodotta. Coinvolse le isole Marshall, nell’Oceano Pacifico;
  • Castle Bravo: divenuto tristemente famoso come il test nucleare dell’Atollo di Bikini, fu condotto dagli stati uniti il primo marzo del 1954, per verificare la potenza dei nuovi ordigni termonucleari a fusione con combustibile solido. La potenza fu 1.000 volte superiore alle bombe di Hiroshima ma, per un’allora scarsa conoscenza sulle proprietà del litio usato per la bomba, l’esplosione fu di almeno tre ordini di grandezza superiori a quanto ipotizzato. Le emissioni radioattive furono elevate e più di 67.000 persone ne subirono le conseguenze, in particolare sulle vicine isole di Rongrik e Utirik;
  • Bomba Zar: tra gli anni ’50 e ’60, l’allora Unione Sovietica condusse numerosissimi test su ordigni atomici. Uno dei più noti è quello sulla cosiddetta Bomba Zar, la bomba a idrogeno più potente e distruttiva mai realizzata. L’esperimento, condotto il 30 ottobre del 1961 nella baia di Mitjušicha, portò a una grande devastazione. Il raggio di distruzione totale fu di 35 chilometri.

Dagli anni ’70 ai giorni nostri

Test nucleari Baneberry

Il potenziale distruttivo della Bomba Zar, conosciuta anche come Big Ivan, spaventò il mondo intero. Ma questo non impedì il prosieguo dei test nucleari, i quali rimasero stabili dagli anni ’70 fino agli anni ’90. Elencarli tutti in questo frangente è praticamente impossibile, fra i più importanti si citano:

  • Baneberry: condotto dagli Stati Uniti il 18 dicembre 1970, fu uno degli esperimenti nucleari più dannosi, per un incidente avvenuto in fase di test. Lo scenario fu il Nevada, dove gli USA scavarono un tunnel di 275 metri di profondità e di circa 2 metri di diametro, per verificare un ordigno esplosivo nel sottosuolo. Calata la bomba, a 90 metri di profondità si aprì nel terreno una fenditura, che portò alla risalita in superficie di polveri e vapori radioattivi. Questi si diffusero poi con le piogge sul tutto il Nevada, con conseguenze sulla popolazione, come l’aumento importante di casi di leucemia fatale;
  • Mururoa: sin dagli anni ’60, la Francia ha scelto la Polinesia per condurre numerosi test nucleari sottomarini, sfociati poi in una grande polemica negli anni ’90. Gli esperimenti condotti in quel decennio divennero un vero e proprio fenomeno mediatico. Le proteste furono globali, per le possibili conseguenze delle radiazioni – si ipotizzò 500 volte superiori del previsto – per gli ecosistemi marini e le popolazioni locali. I test si interruppero nel 1996;
  • Corea del Nord: tra i più recenti test nucleari vi sono quelli condotti dalla Corea del Nord. Esperimenti che generano apprensione a livello internazionale poiché il regime di Pyongyang non fornisce informazioni sulle attività. Si pensa che i più pericolosi siano stati condotti nel 2009 e nel 2017, per un test sia di bombe a fissione nucleare che a idrogeno. Non è oggi tutt’ora chiaro se le esplosioni possano aver avuto conseguenze sui territori e sulle popolazioni locali. La causa sono le poche informazioni che trapelano dal Paese.

Conseguenze a breve e a lungo termine dei test nucleari

Moria di pesci

Ma quali sono le conseguenze a breve e a lungo termine dei test nucleari? Per quanto per molto tempo i governi implicati abbiano dichiarato di considerare questi test sicuri, in realtà la scienza ha evidenziato vari effetti.

Nel breve periodo, i più comuni sono:

  • Distruzione dei siti di sperimentazione e di parte degli habitat naturali dove sono condotti;
  • Perdita dell’intera fauna animale nell’area in cui l’esperimento è condotto, se sottomarino;
  • Dispersione di radiazioni, fumi tossici e polveri radioattive per incidenti non previsti – come accaduto in Nevada – o per errata valutazione della potenza dell’esplosione.

Ma vi sono anche effetti di lungo periodo, molti dei quali rilevati dalla scienza tutt’oggi:

  • Aumento di patologie tumorali per decenni nelle località abitate nei pressi dei siti di test, come nel caso del Nevada o di Mururoa;
  • Contaminazione a lungo termine degli ambienti, tanto che sugli atolli di Bikini si registra tutt’oggi una radioattività maggiore rispetto alla norma;
  • Alterazione nei ritmi naturali di crescita delle risorse vegetali e di moltiplicazione di quelle animali;
  • Contaminazione della catena alimentare. Tutt’oggi negli USA si rilevano mieli con livelli di radioattività sopra la norma, dovuti ai testi condotti negli anni ’50 e ’60.

Perché è importante partecipare

Date queste premesse, perché allora è importante partecipare alla Giornata mondiale contro i test nucleari?

  • Preservare il Pianeta e gli habitat naturali: praticamente tutti i test nucleari condotti hanno avuto conseguenze, di varie entità, sulla sussistenza degli habitat naturali e della biodiversità. Le conseguenze si notano anche dopo decenni, ad esempio con la mancata ricrescita delle risorse vegetali. In pieno periodo di cambiamenti climatici non è ipotizzabile danneggiare ulteriormente aree naturali;
  • Prevenire rischi in caso di conflitti: bloccare i test bellici sull’atomo significa anche scongiurare lo sviluppo di nuove bombe più dannose, che potrebbero avere un impatto devastante sull’uomo e sulla natura in caso di conflitto;
  • Ridurre le tensioni internazionali e la corsa agli armamenti, evitando una competizione fra nazioni per aggiudicarsi l’ordigno più distruttivo mai realizzato.

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