Dashcam in auto, se la usi così in un processo non servirà a nulla-greenstyle.it
Se installi una dashcam nella tua auto ma la usi nel modo sbagliato, non servirà a provare nulla all’interno di un processo. Occhio a questo dettaglio
L’uso della dashcam in auto è ormai una pratica diffusa tra gli automobilisti italiani, desiderosi di tutelarsi in caso di incidenti o contestazioni stradali. Tuttavia, l’installazione di questo dispositivo e l’utilizzo dei video registrati sollevano questioni fondamentali riguardo la legalità, la privacy e il valore probatorio delle riprese. Questo articolo offre una panoramica aggiornata sulle norme e sulle indicazioni giuridiche essenziali per utilizzare la dashcam rispettando le disposizioni vigenti.
Installare una dashcam e riprendere la strada pubblica è legale, purché le riprese siano effettuate su suolo pubblico. La legislazione italiana, infatti, tutela la privacy nelle aree di privata dimora, come abitazioni o uffici, e punisce le interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis Codice Penale). Tuttavia, la strada pubblica non rientra in questa categoria: chi circola su vie pubbliche è esposto alla vista altrui e la Corte di Cassazione ha ribadito più volte che le riprese di comportamenti non comunicativi in luoghi pubblici sono lecite. Non è invece consentito riprendere aree private, come strade private o cortili condominiali, poiché questi rientrano nella sfera della privacy tutelata.
Privacy e trattamento dei dati personali: vincoli imprescindibili
Le immagini che ritraggono volti riconoscibili o targhe dei veicoli sono considerate dati personali ai sensi del Regolamento Europeo GDPR (2016/679). Il loro trattamento deve basarsi su un “legittimo interesse”, nel caso della dashcam, la tutela personale in seguito a un sinistro o per difendersi in giudizio.

Per rispettare la normativa, è indispensabile seguire tre regole fondamentali:
- Uso strettamente personale e divieto di diffusione: i video devono essere utilizzati esclusivamente a fini di autotutela. È vietato diffonderli su social network, piattaforme video, o in chat di gruppo. La violazione espone a richieste di risarcimento e sanzioni dal Garante Privacy.
- Principio di minimizzazione: la dashcam deve limitare l’angolo di ripresa alla visuale funzionale alla guida, evitando di immortalare aree private come ingressi, cortili o marciapiedi. Le telecamere moderne che registrano in “loop” e salvano solo eventi significativi (ad esempio un urto) rispettano al meglio questo principio.
- Conservazione limitata nel tempo: i video vanno conservati solo per il tempo necessario allo scopo. I filmati privi di eventi rilevanti devono essere cancellati entro 24-48 ore, mentre quelli utili per azioni legali possono essere trattenuti più a lungo.
Omologazione, sanzioni e valore legale dei filmati
L’idea che la dashcam debba essere omologata dalla Motorizzazione è una leggenda metropolitana: l’omologazione è richiesta unicamente per dispositivi usati dalle Forze dell’Ordine, come Autovelox o Tutor, per garantire affidabilità in atti amministrativi (multe). La presenza di una dashcam privata non può essere motivo di multa o contestazione da parte di Polizia o Carabinieri.
Per quanto riguarda l’uso dei video come prova in giudizio, la situazione varia a seconda del tipo di processo:
- Nel processo penale, il filmato è una prova documentale (art. 234 Codice di Procedura Penale), che può essere acquisita e valutata direttamente dal giudice per stabilire, ad esempio, la responsabilità in un reato di lesioni stradali colpose.
- Nel processo civile, il video è considerato una “riproduzione meccanica” (art. 2712 Codice Civile), prova piena dei fatti rappresentati. Tuttavia, la controparte può contestarne l’autenticità (disconoscimento), riducendone il valore a mera presunzione semplice che il giudice valuta insieme ad altre prove.
È importante non confondere la dashcam con la “scatola nera” assicurativa, la quale, se conforme a specifici requisiti tecnici, gode di un regime probatorio rafforzato previsto dal Codice delle Assicurazioni Private.
La Corte Suprema di Cassazione, massima autorità giudiziaria italiana, ha più volte confermato questi principi, garantendo un orientamento uniforme e autorevole. La sua funzione nomofilattica assicura infatti la corretta interpretazione delle norme, anche in materia di privacy e validità delle prove audiovisive, nell’ambito del sistema giuridico nazionale.
