
La truffa cinese sulle auto a Km 0 - greenstyle.it
C’è una truffa che proviene dalla Cina e riguarda le macchine considerate a Km 0: ecco in che consiste e come non caderci.
La Cina, il più grande mercato automobilistico al mondo, sta adottando una strategia controversa per gestire l’eccesso di produzione di veicoli elettrici: esportare auto camuffate da usate a chilometro zero. Questa pratica, ormai diffusa, solleva interrogativi sia sul piano commerciale sia su quello etico.
Come funziona la pratica di esportazione delle auto elettriche camuffate
Di fronte a una produzione interna superiore alla domanda, molte case automobilistiche cinesi immatricolano immediatamente i veicoli appena usciti dalla linea di montaggio per farli risultare come venduti e così poter accedere agli incentivi statali. Tuttavia, queste auto non vengono consegnate ai clienti finali, ma vengono subito “deregistrate” e classificate come usate a chilometro zero, per poi essere esportate verso mercati come Russia, Giordania, Asia Centrale e Medio Oriente.
Secondo un’indagine di Reuters, tra il 2022 e il 2023 i profitti realizzati su ogni veicolo esportato con questo stratagemma sono arrivati fino a 1.200 euro, a fronte di un prezzo di acquisto intorno ai 4.600 euro. Questa operazione permette alle autorità locali di contabilizzare la vendita, ai produttori di incassare i fondi e agli esportatori di realizzare guadagni significativi.

Non si tratta di attività clandestine: almeno 20 amministrazioni locali cinesi hanno promosso apertamente questa pratica sin dal 2019. Documenti ufficiali e fonti statali citati da Reuters mostrano come regioni strategiche quali Guangdong e Sichuan abbiano adottato misure per favorire l’export di auto elettriche usate a chilometro zero.
Tra gli incentivi messi in campo figurano:
- rilascio di licenze straordinarie per l’esportazione,
- accelerazione dei rimborsi fiscali,
- investimenti in infrastrutture logistiche dedicate,
- eventi di networking per esportatori.
Alcune città hanno perfino ampliato le quote di registrazione veicoli, normalmente limitate per contenere traffico e inquinamento, e costruito magazzini gratuiti vicino a porti e confini terrestri per agevolare la spedizione di questi veicoli. Shenzhen, ad esempio, ha in programma di raggiungere l’obiettivo di 400.000 auto elettriche esportate ogni anno, motivando la scelta come incentivo alle vendite interne.
Divisioni nel settore e reazioni internazionali
Il panorama cinese è tuttavia diviso. Alcuni manager, come Parker Shi di Great Wall Motors, contestano l’esistenza di un problema di sovrapproduzione, sottolineando che molte fabbriche operano sotto la capacità massima in previsione di opportunità future. Al contrario, figure come Li Shufu, fondatore di Geely, denunciano uno “stato di grave eccesso di capacità” aggravato dalla guerra dei prezzi tra i produttori.
Sul fronte internazionale, i Paesi importatori stanno iniziando a reagire. La Russia ha vietato nel 2023 l’ingresso di auto a chilometro zero da marchi già presenti con distributori ufficiali nel paese. Anche la Giordania ha ridefinito legalmente la nozione di “veicolo usato” per limitare questo fenomeno. Tuttavia, la crescente popolarità della pratica ha attirato l’attenzione di rivenditori e influencer, aumentando la pressione sulle autorità per regolamentare più severamente il mercato.
Nel contesto globale, la Cina appare come un esportatore che “scarica” sui mercati esteri veicoli parzialmente sovvenzionati, a causa della saturazione del mercato interno e dei dazi elevati imposti da Stati Uniti ed Europa. Questo solleva dubbi sulla reale entità delle vendite e sulle prospettive di crescita di lungo termine.
Nonostante queste criticità, le auto elettriche cinesi continuano a guadagnare terreno in Europa e in altre regioni, sostenute dall’innovazione tecnologica e da modelli competitivi come BYD Dolphin Surf e Geely Galaxy L7. Tuttavia, la sostenibilità di questa espansione dipenderà anche dalla capacità di Pechino e dei suoi produttori di conciliare crescita economica e trasparenza commerciale.