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Fusione fredda e Hydrobetatron: intervista a Ugo Abundo

Nuova intervista a Ugo Abundo, mente e cuore del progetto Hydrobetatron, protagonista "open" nella saga della fusione fredda.

Fusione fredda e Hydrobetatron: intervista a Ugo Abundo

Era da un po’ che non approfittavamo della cordialità del professor Ugo Abundo per ottenere un’intervista. Vi ricorderete senz’altro di chi stiamo parlando: qualche tempo fa, da insegnante all’Istituto Pirelli di Roma, il professore aveva portato avanti un progetto di reattore a fusione fredda interno alla scuola. Successivamente l’Athanor, questo il nome del progetto e del primo reattore, evolse nell’attuale Hydrobetatron, esperimento sulle LENR, differente in parte da quello di Andrea Rossi, e soprattutto Open Source.

Proprio come nel software libero, secondo dettami che farebbero la felicità di Richard Stallmann (tranne, probabilmente, per il fatto di definirsi “open” e non “free”), Abundo regala alla comunità i dettagli dei propri esperimenti, incoraggiando chiunque abbia competenze e mezzi per farlo (come vedremo non sono esperimenti alla portata di qualsiasi curioso) a ripetere i test, farne di nuovi, incrociare i dati con le proprie ricerche. Insomma, l’Hydrobetatron corrisponde a un’idea di circolazione del sapere decisamente interessante.

Ovviamente, ma non ci sarebbe bisogno di dirlo, sulla credibilità scientifica delle dichiarazioni di Abundo non siamo in grado di esprimere giudizi che abbiano alcun valore, non essendo la fisica nucleare il nostro campo di studi. Lasciamo questo compito ad altri. Di seguito, potete leggere la nostra ultima chiacchierata col professore.

Il vostro progetto continua a suscitare un certo interesse in parte dell’opinione pubblica. Quali sono i progressi ottenuti negli ultimi mesi? Come procede il lavoro a livello tecnico?

Di recente siamo stati invitati a essere presenti, col nostro reattore più recente, sul “Calendario della Fusione Fredda” edito da ColdfusionNow (accanto ai giganti del settore), ed evidenzieremo fotograficamente il cammino fatto a partire da Athanor fino all’erede Hydrobetatron.

Il target attuale consiste nel portare le rese, già evidenziate con metodiche comparative, a protocolli di misurazione diretta mostrando l’entità del calore asportato utilmente dal reattore mediante un fluido circolante, in apparato calorimetrico come mostrato nella foto.

Una analisi teorica da noi condotta, recentemente illustrata al Convegno Coherence 2013 tenutosi il 15 ottobre presso il CIRPS de La Sapienza, riportata sul nostro sito, giustifica la alimentazione al reattore di corrente pulsata ad alta frequenza e intensità.

Abbiamo così originalmente sviluppato il Fusion-pulsator, macchinario di controllo per la creazione delle idonee forme d’onda, che mostriamo nella foto, insieme alla prima accensione di test. Lo scopo è quello di creare volontariamente e ordinatamente gli spikes di potenza che spontaneamente si sono formati, ma in maniera disordinata, durante le reazioni con le polveri, come illustrato nelle foto all’oscilloscopio e in determinazione sonora.

Il progetto Hydrobetatron si caratterizza per la sua natura “open”. Chiunque ne abbia le competenze può collaborare o comunque conoscere i dettagli del vostro reattore e replicarne nei propri laboratori gli esperimenti. Può elencare chi sono i ricercatori e i dipartimenti con cui siete entrati in rapporto grazie a questa iniziativa?

Abbiamo recentemente costituito e registrato la Associazione non-profit Open Power e ciò ha contribuito ulteriormente ad allargare il numero delle realtà che operano al nostro fianco.

L’elenco dei membri onorari, che ci sostengono in tutti i modi, annovera accanto all’Istituto L. Pirelli e alla sua Dirigente, ricercatori e divulgatori del mondo LENR ben noti a tutti.

Sfortunatamente i tempi non sembrano ancora maturi perché la natura open sia completamente bidirezionale: la maggior parte dei collaboratori, pur basando il proprio lavoro sulla circolazione delle informazioni, non giudicano sia ancora il momento di dichiarare pubblicamente la propria partecipazione a progetti di natura LENR.

Indipendentemente da questo (comprensibile) riserbo, l’apporto scientifico è davvero grande e ringrazio tutti i nostri soci e sostenitori. Colgo l’occasione per allargare l’invito ad associarsi, (privati e non) accedendo nella apposita sezione del sito, a tutti coloro che condividendo lo spirito open intendano aiutarci a promuoverlo concretamente anche con contributi per sostenere la ricerca.

Vogliamo chiarire una volta per tutte come, nonostante sia un progetto aperto, non sia affatto consigliabile che chicchessia ne organizzi test. Quali sono i rischi cui andrebbero incontro eventuali “scienziati improvvisati”, in un eventuale test casalingo?

La prima frase che si incontra sul sito Hydrobetatron.org riguarda appunto la sicurezza: si tratta di operazioni a elevata pericolosità, soprattutto per via dei parametri imprevedibili, e l’esecuzione degli esperimenti va assolutamente lasciata a esperti.

È esaustivo elencare i rischi a cui si va incontro, semplicemente traducendoli con la parola “tutti”, dalle ustioni, alle fulminazioni, alle esplosioni, alle radiazioni.

Sappiamo come creare un reattore utilizzabile commercialmente non sia il vostro primo pensiero. a ogni modo, quali sono le prestazioni energetiche a oggi del vostro progetto?

Al contrario, è il nostro unico pensiero assillante: ma per raggiungere lo scopo occorrono passi graduali perché la materia è davvero difficile da trattare, seppur interdisciplinarmente.

Le prestazioni oggi conseguite in maniera stabile si allineano con quelle, di diverse decine di punti percentuali, raggiunte da tutti i ricercatori che hanno diffuso dati in maniera open e che stanno studiando la modellistica del fenomeno (per citare solo alcuni dei lavori-cardine, ci si riferisca agli studi del prof. Francesco Celani, dell’ing. Domenico Cirillo col prof. Vincenzo Iorio), ben lontane da quelle mirabolanti riferite da gruppi che hanno scelto di coprire i dati e le interpretazioni col segreto industriale; ma la forza open sta già permettendo di risalire il riferito distacco, col vantaggio del valore aggiunto della conoscenza.

In quest’ultimo anno il rapporto fra il mondo accademico e le LENR è cambiato? Secondo lei possiamo dire che la fusione fredda sta ottenendo un interessamento rinnovato da parte di ambienti che si erano dimostrati, fino ad adesso, scettici?

Il mio parere è che la maggiore visibilità sia da ascrivere, per la parte più rilevante, all’impegno esponenziale dei ricercatori, e solo per la parte restante a qualche apertura tardiva delle Istituzioni, forse anche solo per non rimanere escluse da future evidenze.

È curioso però come alla latitanza delle Istituzioni si accoppi l’impegno personale (seppur riservato, come si diceva prima) di chi a tali Istituzioni appartiene.

Non ritengo, comunque, che chi fugge da un pericolo sia uno scettico, ci crede più degli altri !

Sul vostro sito, fra i link a progetti amici, avete aggiunto quello di Francesco Celani, uno dei mostri sacri della ricerca LENR in Italia e nel mondo. Quali sono i rapporti fra di voi? È possibile ipotizzare una partecipazione attiva di Celani alle vostre attività?

L’amico stimatissimo Francesco Celani ci onora della sua considerazione in modo attivo e concreto con copiosità di consigli, correzioni, informazioni e iniezioni di entusiasmo. Cogliamo l’occasione per ringraziarlo, come pure siamo onorati di aver ricevuto l’attenzione del Dott. Guido Grassadonio e, tra breve, dei suoi lettori di Greenstyle.it.

Da parte nostra, ringraziamo a nostra volta Ugo Abundo della Open Power non-profit Association per la cordialità che da sempre lo contraddistingue.

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