Rischio povertà, due regioni italiane le peggiori d'Europa: la classifica allarma - greenstyle.it
Eurostat fotografa un Paese spaccato: il Sud affonda nei dati sulla povertà, mentre il Nord si conferma tra le aree più prospere d’Europa.
Ci sono statistiche che non raccontano solo numeri, ma intere storie. Quella pubblicata da Eurostat sul rischio di povertà in Europa è una di queste: parla di un’Italia divisa in due, dove Calabria e Campania toccano livelli di disagio sociale tra i più alti del continente, mentre Bolzano si colloca all’estremo opposto, come regione europea con la minore incidenza di povertà.
È un paradosso che pesa come un macigno: nel giro di poche ore di viaggio si passa dalla zona più vulnerabile d’Europa a quella più sicura sul piano economico. Secondo Eurostat, la Calabria registra un rischio di povertà del 48,8%, la Campania del 43,5%, superate solo dalla Guyana francese, territorio d’oltremare che non fa nemmeno parte del continente europeo.
Ma il dato più sorprendente è che lo stesso Paese che ospita queste due regioni “ultime” ha anche la prima in assoluto: l’Alto Adige, dove solo il 6,6% della popolazione vive in condizioni di vulnerabilità. Una fotografia che mostra con chiarezza un’Italia a doppia velocità.
Il divario economico che diventa sociale
Dietro le percentuali si nasconde un racconto fatto di disuguaglianze, infrastrutture incomplete e opportunità mancate. Il Mezzogiorno continua a pagare un prezzo altissimo alla fragilità del suo tessuto economico e produttivo. I dati Eurostat confermano che, a partire dal Lazio e dall’Abruzzo, il Sud scivola ai gradini più bassi della classifica europea.
Il problema, però, non è solo economico. La povertà oggi ha molte forme: è mancanza di accesso ai servizi, scarsa digitalizzazione, emigrazione giovanile. Dove le imprese chiudono o faticano a innovare, i giovani si spostano verso Nord o all’estero, e il ciclo si ripete. Il risultato è un tessuto sociale che si assottiglia, con famiglie sempre più esposte e territori che faticano a rinascere.
Eppure, alcune realtà dimostrano che il cambiamento è possibile. L’Alto Adige, primo in Europa per benessere economico, è anche una delle regioni italiane più digitalizzate e sostenibili. Lì la pubblica amministrazione ha puntato su servizi online accessibili, banda ultralarga diffusa e politiche attive per il lavoro.
Il presidente della Provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher, lo ha spiegato con una frase semplice ma incisiva: “Anche la migliore statistica aiuta poco chi è in difficoltà”. È il segnale di una consapevolezza politica rara: i numeri non bastano, servono politiche mirate e misure strutturali per ridurre davvero le disuguaglianze.

Calabria e Campania non sono sole in questa situazione. Subito dopo compaiono Sicilia (40,9%) e Puglia (37,3%), segno di un Sud che condivide lo stesso destino. Ma qualcosa si muove: alcune regioni hanno registrato lievi miglioramenti rispetto al 2023, segnale che gli interventi sociali e i fondi europei, se ben indirizzati, possono incidere.
La sfida ora è tradurre questi dati in azioni concrete. Servono infrastrutture digitali, formazione, incentivi alle imprese locali e un piano coordinato che riduca il divario Nord-Sud. Perché la povertà non è solo una questione di reddito, ma di possibilità.
Il quadro Eurostat è un monito ma anche un’occasione. L’Italia può scegliere se continuare a essere il Paese degli opposti o se puntare a un equilibrio reale tra le sue anime. La direzione è chiara: innovazione, istruzione e politiche territoriali intelligenti.
La povertà, in fondo, non è un destino. È una conseguenza. E invertire la rotta non è solo possibile: è necessario.
