Calendario generale dei pagamenti pensionistici 2025 e aggiornamenti normativi - Greenstyle.it
Il tema delle pensioni minime torna al centro del confronto politico: tra costi elevati e rischi di disincentivo al lavoro, si discute su equità e sostenibilità del sistema.
Il dibattito sulle pensioni minime e il loro adeguamento a mille euro mensili torna prepotentemente al centro dell’attenzione politica italiana in vista delle prossime elezioni.
La proposta di innalzare a mille euro tutte le pensioni inferiori a tale soglia, rilanciata da Silvio Berlusconi nella campagna elettorale che ha preceduto le elezioni del 25 settembre 2024, continua a suscitare un acceso dibattito. Questa misura, che mira a garantire un livello minimo dignitoso di reddito ai pensionati più poveri, si scontra però con la realtà dei costi e con la complessità del sistema previdenziale italiano.
Pensioni minime a mille euro: tra costi insostenibili e questioni di equità
Secondo i dati INPS aggiornati al 2018, sono circa 7,9 milioni le pensioni pari o inferiori al minimo, ma i beneficiari effettivi sono 2,254 milioni, poiché molti percepiscono più di un assegno (ad esempio, una pensione principale più una di reversibilità). L’importo minimo delle pensioni integrate nel 2022 è di circa 524 euro mensili, che salgono a 660 euro per alcune categorie interessate da incrementi precedenti. Portare tutte queste pensioni a mille euro comporterebbe quindi un aumento considerevole degli assegni mensili.
Un aspetto cruciale riguarda le pensioni assistenziali: molte di queste prestazioni sono riconosciute a chi ha versato pochi o nessun contributo, quindi rappresentano un aiuto statale più che una vera pensione contributiva. Aumentare indiscriminatamente i minimi rischierebbe di disincentivare il lavoro regolare, soprattutto in un sistema contributivo come quello italiano, vigente dal 1995. Se la pensione minima garantita fosse sempre di mille euro, quale sarebbe l’incentivo a versare contributi per lavoratori e datori di lavoro?

Le stime sul costo dell’operazione variano: considerando solo l’integrazione delle pensioni assistenziali fino a mille euro mensili si arriverebbe a una spesa aggiuntiva di circa 31 miliardi di euro l’anno, che sommati ai 25 miliardi già spesi porterebbero il totale a oltre 56 miliardi. In uno scenario più conservativo, l’incremento della spesa sarebbe di quasi 20 miliardi, con un aumento della spesa pensionistica del 200%. Estendendo il discorso anche alle pensioni fino a due volte il minimo, il costo salirebbe a circa 33 miliardi.
Dal punto di vista dell’equità, il problema è duplice: garantire un minimo troppo elevato rispetto alla media delle pensioni di vecchiaia (circa 1.476 euro mensili per i dipendenti e 1.021 euro per gli autonomi) potrebbe risultare ingiusto nei confronti di chi ha lavorato e versato contributi per tutta la vita, ricevendo una pensione superiore al minimo. Inoltre, lo Stato già spende circa 21 miliardi all’anno per integrare le pensioni minime, un impegno finanziario significativo.
