Pensioni 2026: cambiano i requisiti per l'uscita dal lavoro. Chi sono i cittadini che andranno prima in pensione - greenstyle.it
Pensioni 2026, arrivano nuovi requisiti per l’uscita dal lavoro. Il Governo valuta Quota 41 flessibile e il blocco dell’età pensionabile.
Il 2026 sarà un anno cruciale per il sistema pensionistico italiano. Il Governo e l’INPS stanno lavorando a una revisione complessiva delle regole per l’uscita dal lavoro, con l’obiettivo di rendere il sistema più flessibile, ma anche sostenibile sul piano economico.
Dai dati dell’Osservatorio sul monitoraggio dei flussi pensionistici emergono che la pensione di vecchiaia resta la formula più utilizzata: 67 anni di età e almeno 20 di contributi sono ancora oggi la via standard. Tuttavia, le nuove ipotesi in discussione per il 2026 dovrebbero spiragli per chi desidera lasciare il lavoro prima, senza attendere il traguardo dei 67 anni.
Pensioni 2026: conferma del modello standard
Per chi ha accumulato almeno 20 anni di contributi, l’età di uscita resta fissata a 67 anni. Tuttavia, il Governo sta valutando di bloccare l’aumento automatico dei requisiti pensionistici, previsto per il 2027, che avrebbe comportato un innalzamento di tre mesi sia per l’età anagrafica sia per i contributi.
Il blocco, sostenuto dall’Esecutivo Meloni, eviterebbe un ulteriore slittamento del pensionamento, garantendo maggiore stabilità a chi si avvicina alla fine della carriera lavorativa. Tra le novità più discusse c’è Quota 41 flessibile, una misura che potrebbe entrare in vigore dal 2026. L’obiettivo è offrire un canale unico per l’uscita anticipata, accessibile a chi ha maturato 41 anni di contributi e almeno 62 anni di età.
Questa formula consentirebbe di andare in pensione prima rispetto ai requisiti ordinari, ma con una penalizzazione sull’assegno mensile per chi sceglie di lasciare il lavoro a 62 anni. Si tratterebbe, in sostanza, di un’opzione aggiuntiva alle attuali misure di flessibilità come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale.

Un aspetto importante per accedere alla Quota 41 flessibile sarà necessario maturare i requisiti entro il 31 dicembre 2025. Un’altra possibile innovazione riguarda la flessibilità in uscita anche per chi ha versato contributi prima del 1996, finora escluso da molte agevolazioni. L’ipotesi sul tavolo è di estendere anche a questi lavoratori la possibilità di andare in pensione a 64 anni, accettando però il ricalcolo contributivo dell’assegno.
Per farlo, l’importo della pensione dovrà essere almeno pari a tre volte l’assegno sociale, soglia che crescerà gradualmente fino a 3,2 volte dal 2030. Per le madri, sono previste riduzioni di questa soglia in base al numero di figli. In alternativa, una parte del TFR potrebbe essere convertita in rendita vitalizia da sommare alla pensione, ma il Ministro del Lavoro Elvira Calderone sembra orientata a spingere verso l’utilizzo del TFR per potenziare la previdenza complementare.
Oltre alle nuove regole per l’uscita, resta aperto il tema delle rivalutazioni. Secondo la UIL Pensionati, in dieci anni i pensionati italiani hanno perso oltre 9.600 euro di potere d’acquisto, a causa dei blocchi e tagli sulla perequazione all’ inflazione.
