Chi rischia di dover restituire all'INPS oltre 18mila euro - Greenstyle.it
Se fai arte di questa categoria rischi di dover restituire oltre 18mila euro, una vera super tassa da dare all’INPS.
La Naspi continua a rappresentare un supporto cruciale per i lavoratori italiani che perdono involontariamente il lavoro, ma negli ultimi mesi l’INPS ha intensificato i controlli e le richieste di restituzione degli importi erogati in modo indebito, con cifre che in alcuni casi superano i 18.000 euro.
Questa situazione interessa in particolare chi non ha rispettato le regole di comunicazione o ha ricevuto pagamenti errati.
Naspi, quando vanno restituite le somme all’INPS
Uno degli scenari più frequenti che porta all’obbligo di restituzione riguarda gli importi erogati per errore. L’INPS ha il compito di verificare che chi percepisce la Naspi rispetti tutti i requisiti previsti dalla legge. Nel caso in cui vengano riscontrati accrediti superiori al dovuto, spesso a causa di errori nei calcoli o di informazioni non aggiornate, l’ente previdenziale procede al recupero delle somme corrisposte in eccesso. Un altro motivo ricorrente è la mancata comunicazione di un nuovo impiego.
La Naspi è destinata esclusivamente a chi è disoccupato; pertanto, se il beneficiario inizia un lavoro e non informa tempestivamente l’INPS, l’indennità deve essere interrotta. L’ente, continuando a erogare l’indennità, genera un credito che diventa un debito da restituire. Situazioni più gravi si presentano quando la Naspi è stata ottenuta attraverso dichiarazioni false o incomplete. In tali casi si configura un illecito, con conseguenze non solo economiche ma anche legali. L’INPS, in collaborazione con la magistratura, può avviare procedimenti giudiziari e richiedere il recupero delle somme erogate indebitamente.
Quando l’INPS individua un’indebita percezione di Naspi, avvia un iter formale di recupero notificando al beneficiario l’importo da restituire e le modalità di pagamento. Per mitigare l’impatto economico, spesso l’ente consente di effettuare la restituzione attraverso compensazioni con altre prestazioni future, come pensioni o altre indennità. In presenza di somme particolarmente elevate, che possono superare anche i 18.000 euro, il debitore ha la possibilità di richiedere una rateizzazione. La concessione di un piano di pagamento dilazionato non è automatica ma viene valutata dall’INPS sulla base della situazione economica del richiedente.

È quindi fondamentale presentare una documentazione dettagliata che giustifichi l’impossibilità di versare l’intera somma in un’unica soluzione. Il cittadino che ritiene ingiusta la richiesta di restituzione ha a disposizione il ricorso amministrativo da presentare entro 90 giorni dalla notifica. Tale ricorso può essere depositato direttamente dall’interessato, tramite un legale o con l’assistenza di un patronato. In alcuni casi, la richiesta di rimborso può essere contestata anche per il superamento dei termini di prescrizione, che ammontano a dieci anni, salvo interruzioni.
Qualora l’istanza amministrativa venga respinta, l’ultima via è il ricorso al tribunale ordinario. In sede giudiziaria si possono presentare prove a sostegno della legittimità della prestazione ricevuta o dimostrare eventuali errori da parte dell’INPS, difendendo così i propri diritti in modo completo e strutturato. L’attenzione a rispettare le regole e a comunicare tempestivamente ogni variazione della propria situazione lavorativa è quindi fondamentale per evitare di incorrere in richieste di restituzione onerose, che possono mettere a dura prova la stabilità economica dei percettori di Naspi.
