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Cani e gatti utili per la diagnosi del Parkinson

Cani e gatti diventano utili per la diagnosi precoce di problematiche cognitive nel Parkinson: è quanto rivela un nuovo studio condotto a Londra.

Cani e gatti utili per la diagnosi del Parkinson

Il morbo di Parkinson è purtroppo un disturbo abbastanza frequente della terza età. La malattia, oltre a comportare continui tremolii tali da ridurre la qualità della vita, in alcuni casi determina anche alcune problematiche a livello cognitivo, come distrazione e confusione. In questo frangente, la diagnosi veloce si rivela fondamentale per cominciare il prima possibile un percorso di cura, affinché si possa ritardare nel tempo la comparsa dei sintomi più gravi. Uno studio condotto dall’University College di Londra ha di recente svelato come, per un’analisi preliminare del rischio di sviluppare disturbi cognitivi, cani e gatti potrebbero risultare indispensabili.

I ricercatori hanno notato come, nei pazienti affetti da Parkinson e più a rischio di sviluppare problematiche cognitive, alcune delle attività più quotidiane diventino decisamente confusionarie. È il caso dell’inserimento dei CAPTCHA, ad esempio, ovvero quei codici alfanumerici spesso richiesti dai siti web per portare a termine l’iscrizione a un servizio oppure un pagamento. A quanto pare, alcuni pazienti faticherebbero non poco a riconoscere le lettere e le cifre riportate negli appositi riquadri, poiché il livello di blanda distorsione sull’immagine risulterebbe per loro incomprensibile.

Gli studiosi, per indagare se tale intoppo possa essere considerato come uno dei primi segni del futuro sviluppo di problematiche cognitive, hanno quindi elaborato un test analogo, basato su immagini distorte di cani e gatti anziché cifre e lettere. Dai test condotti su 20 persone colpite da Parkinson, a cui si è aggiunto un gruppo di controllo di 11 individui, è emerso come i pazienti si imbattano in maggiori ostacoli per distinguere Fufi e Fido, tanto che in alcuni casi il riconoscimento diventa impossibile. È quindi emerso come questa difficoltà nell’elaborare le immagini a livello visuale possa essere considerato un sintomo precursore di effetti più gravi sulla mente nel tempo. Così ha spiegato Rimona Weil, ricercatrice alla base dello studio:

Il parkinson è il secondo disturbo neurodegenerativo più frequente dopo l’Alzheimer, ma quello che non è sempre noto è come la metà dei pazienti possano giungere alla demenza. Le persone sono terrificate da questa possibilità, quindi pensiamo sia davvero importante individuare chi sia più a rischio. Un collega mi ha raccontato che i pazienti hanno difficoltà nel leggere i codici CAPTCHA, quindi ho cominciato a chiedermi se non vi sia un punto di distorsione massimo che il cervello è in grado di tollerare, un fatto che potrebbe suggerire il rischio di demenza.

Così come affermato dai ricercatori, identificare velocemente gli individui più a rischio potrebbe facilitare lo sviluppo e la somministrazione di nuovi farmaci, differenziati in base ai sintomi causati dal morbo. Nel mentre la metodologia impiegata, come facile intuire, è stata ribattezzata “Dogs and Cats Test”.

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