Acqua in vetro o in plastica, qual è la più sicura? - greenstyle.it
Un’analisi condotta in Francia mostra che le bottiglie in vetro possono contenere molte più microplastiche rispetto a quelle in plastica. Il problema sono i tappi. Ecco i dati e come ridurre l’esposizione.
La presenza di microplastiche nell’acqua imbottigliata continua a sollevare interrogativi sulla sicurezza alimentare. Nuove ricerche dimostrano che il problema non si limita alle bottiglie in plastica, come spesso si è ritenuto. Secondo un’analisi condotta dall’Agenzia francese per la sicurezza alimentare (ANSES), le bevande conservate in contenitori di vetro possono contenere molte più particelle di plastica rispetto a quelle vendute in plastica o lattina. I risultati ribaltano un’idea diffusa e portano l’attenzione su un aspetto spesso trascurato: la vernice dei tappi.
Cosa sono le microplastiche e come finiscono nelle bevande
Le microplastiche sono frammenti inferiori ai 5 millimetri che si formano per abrasione, degrado o rilascio diretto da prodotti di consumo. Invisibili a occhio nudo, si accumulano nel nostro organismo attraverso l’acqua, l’aria e il cibo. Secondo la Commissione Europea, ogni persona ne ingerisce fino a 5 grammi a settimana, una quantità simile al peso di una carta di credito.
Numerosi studi hanno individuato particelle di plastica nel sangue, nei polmoni, nella placenta, e persino nel cervello. L’accumulo è stato collegato a danni metabolici, infiammatori, e a alterazioni del sistema immunitario, sebbene le implicazioni a lungo termine siano ancora oggetto di ricerca.

Nell’analisi dell’ANSES, condotta su acqua, birra, tè e bibite, si è verificata la concentrazione di microplastiche per litro. Le bevande in vetro hanno mostrato una contaminazione fino a 100 particelle per litro, con valori variabili a seconda del tipo di liquido. L’acqua imbottigliata in vetro contiene in media 4,5 particelle/litro, contro 1,6 di quella in plastica.
Le differenze più marcate si osservano in prodotti come birra e limonata in vetro, che raggiungono rispettivamente 60 e 40 particelle/litro. Il motivo di questa disparità potrebbe essere legato ai processi di imbottigliamento, al pH delle bevande o alla reazione chimica con i materiali di chiusura.
Tappi e vernici: l’origine invisibile delle microplastiche nelle bottiglie in vetro
Il vetro in sé non rilascia microplastiche, ma i tappi che chiudono le bottiglie sì. A causare la contaminazione è spesso la vernice esterna dei tappi a vite, che si graffia durante il trasporto o l’apertura, rilasciando frammenti compresi tra 0,1 micron e 5 millimetri. Queste particelle finiscono nel liquido in fase di apertura o durante la conservazione.
I ricercatori francesi hanno osservato i tappi al microscopio, rilevando micrograffi superficiali anche quando invisibili all’occhio. Questi segni sono sufficienti a rilasciare microplastiche, che poi vengono ingerite senza che il consumatore ne sia consapevole.
Secondo l’ANSES, il problema può essere ridotto fino al 60% con semplici accorgimenti: soffiare aria compressa sui tappi o risciacquarli con una miscela di acqua e alcol prima dell’uso. Si tratta di gesti semplici che riducono la contaminazione e aumentano la sicurezza.
Al momento, non esistono limiti ufficiali per le microplastiche nell’acqua potabile. Le autorità sanitarie stanno studiando criteri di sicurezza, ma i dati disponibili suggeriscono massima prudenza. Il tema tocca direttamente le abitudini di consumo e solleva interrogativi su materiali considerati finora più “puliti” come il vetro, spingendo verso un ripensamento delle filiere produttive e del confezionamento alimentare.
