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Cambiamenti climatici: gli animali marini sono più a rischio

Gli animali marini sono i più minacciati dai cambiamenti climatici: uno studio rivela una situazione più grave rispetto a quanto già ipotizzato.

Cambiamenti climatici: gli animali marini sono più a rischio

Fonte immagine: Pixabay

Gli animali marini subiscono maggiormente il peso dei cambiamenti climatici in corso, più di qualsiasi altra specie presente sulla Terra. È quanto rivela uno studio condotto da un team internazionale di scienziati, pubblicato di recente sulla rivista scientifica Nature. L’aumento delle temperature delle acque, infatti, sta portando alla perdita di numerosi esemplari essenziali per la biodiversità e gli effetti già si notano oggi, ad esempio sui coralli.

Da diversi anni tutti gli esperti a livello mondiale sono concordi nel sottolineare come, a oggi, i cambiamenti climatici stiano danneggiando soprattutto gli oceani e i suoi abitanti. Eppure il nuovo studio rivela come le conseguenze potrebbero essere già più gravi rispetto a quanto precedentemente ipotizzato.

Metodologia di studio

Per arrivare a questa evidenza, i ricercatori hanno analizzato le temperature medie di sopravvivenza per 318 specie terrestri e 88 marine, concentrandosi su 15 differenti classi di animali a sangue freddo come lucertole, pesci e insetti. Questo perché, non potendo disporre di un efficace sistema di termoregolazione interno, questi esemplari subiscono maggiormente l’effetto della modifica delle temperature. Dopodiché, sono state misurate le temperature attuali nei loro habitat di appartenenza: dalle analisi, è emerso come nell’oceano sempre più specie vivano a ridosso del loro estremo massimo di temperatura, più di quanto non accada sulla terraferma. Così ha spiegato Douglas McCauley, docente universitario californiano:

Le specie nell’oceano appaiono più sensibili al surriscaldamento globale e molte di loro sono già vicinissime all’estremo massimo di temperatura che possono tollerare.

Risultati sulle specie marine

Un caso emblematico è quello dell’aragosta americana: specie rappresentativa del New England, tanto da essere riconosciuta in numerosi documenti storici, oggi è quasi scomparsa. Dal 1996 al 2014 il numero di aragoste è sceso del 97.7%, proprio per il superamento della soglia di tolleranza della temperature delle acque. Ancora, le specie marine hanno meno strategie adattive per affrontare il global warming. Mentre la gran parte delle lucertole può sopportare un’escursione termica molto elevata, oppure approfittare di numerosi rifugi come rocce o tunnel sotterranei, pesci e altri organismi marini non possono fare altrettanto. Ciò provoca lo spostamento in massa di milioni di esemplari in acque più fredde, dove però faticano a sopravvivere per mancanza di prede o, ancora, dove modificano in modo irrimediabile l’ecosistema d’approdo.

La problematica non va sottovalutata, poiché influisce anche sull’uomo. La pesca, infatti, è una delle primarie fonti di sostentamento umane, soprattutto in quei Paesi dall’economia emergente o geograficamente molto remoti. Una modifica degli abitanti dell’oceano può provocare conseguenze dirette sulla sopravvivenza dell’essere umano.

Fonte: University of California

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