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Fotovoltaico senza incentivi: ecco le alternative

Cosa succede dopo la fine degli incentivi? Ecco tutte le alternative per risparmiare sull'impianto fotovoltaico anche senza il Conto Energia.

Fotovoltaico senza incentivi: ecco le alternative

Con il Quinto Conto Energia ormai agli sgoccioli è ora di pensare alle alternative per rendere economicamente sostenibile il fotovoltaico anche senza incentivi statali. L’attuale situazione politica, e le condizioni economiche del paese, rendono molto improbabile la nascita di un Sesto Conto Energia.

Qualunque scelta, però, non può che partire da un’accurata analisi del perché si vuole installare un impianto fotovoltaico. Con gli incentivi, infatti, spendere nel solare era sostanzialmente un investimento finanziario. Con un rendimento molto alto, quasi il 18%, nei primi anni del Conto Energia, con un rendimento comunque ottimo, circa l’8%, con il Quinto Conto Energia.

Ora non bisogna più considerare il fotovoltaico come investimento finanziario ma come investimento energetico: lo si sceglie, nel caso degli impianti domestici, per risparmiare sulla bolletta e per ottimizzare i propri consumi.

Lo scambio sul posto

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Per capire questo ragionamento basta focalizzarsi sullo scambio sul posto. Con questo termine si intende la possibilità di cedere energia elettrica prodotta dal fotovoltaico alla rete quando non la si consuma, per poi riprendersela quando serve ma non c’è produzione. Come nel tardo pomeriggio o di notte.

Con lo scambio sul posto si usa la rete elettrica come accumulatore, come batteria virtuale dove depositare la propria energia finché non serve riprendersela per fare la lavatrice, alimentare un condizionatore o accendere una lampadina.

Questo meccanismo, con il Quinto Conto Energia, è diventato incompatibile con le tariffe incentivanti: coloro che sono riusciti a rientrare nel Conto, infatti, non possono usare la rete nazionale come batteria virtuale ma solo vendere l’elettricità in eccesso senza poi potersela riprendere.

Chi non ha lo scambio sul posto, quindi, farebbe bene a concentrare i propri consumi durante le ore di produzione per massimizzare i vantaggi economici. La lavatrice, quindi, la dovrebbe fare di giorno e non di notte.

Lo scambio sul posto, invece, è compatibile le alternative agli incentivi e questo rende tutto molto più flessibile perché scollega produzione e consumo.

Le detrazioni IRPEF al 55%

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Molte persone hanno tentato di vedersi riconosciuta la detrazione fiscale del 55% per le ristrutturazioni energetiche degli edifici anche per l’acquisto degli impianti fotovoltaici. Purtroppo ciò non è possibile.

L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha chiarito recentemente che il costo dell’impianto fotovoltaico non può essere detratto al 55% dall’IRPEF perché non produce un risparmio energetico. Secondo l’interpretazione dell’Agenzia, infatti, il fotovoltaico non serve a risparmiare ma a produrre energia e, possibilmente, venderla al GSE.

Con questa interpretazione, in pratica, l’Agenzia delle Entrate non considera l’autoconsumo dell’energia prodotta sul proprio tetto come una forma di risparmio energetico perché, in sostanza, non si consuma meno energia ma si sostituisce l’energia comprata dalla rete con quella prodotta in loco.

Giusto per fare un paragone, un impianto solare termico può essere detratto al 55% perché comporta una reale riduzione dei consumi di energia dell’edificio.

In un successivo “chiarimento” la stessa Agenzia ha precisato che il fotovoltaico apporta un miglioramento della prestazione energetica dell’edificio, ma ha ribadito che non può comunque accedere alle detrazioni al 55%.

Le detrazioni IRPEF al 36% e al 50%

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Cosa diversa sono le detrazioni generiche per le ristrutturazioni edilizie al 36%, che fino a giugno 2013 sono del 50%. Sempre secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti, tali detrazioni possono essere applicate anche agli impianti fotovoltaici.

Ma solo se tali impianti non godono di altri incentivi, come il Conto Energia. Chiarita questa condizione, l’Agenzia precisa che possono chiedere la detrazione fiscale per gli impianti fotovoltaici:

  • proprietari o nudi proprietari;
  • titolari di un diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione o superficie);
  • locatari o comodatari;
  • soci di cooperative divise e indivise;
  • imprenditori individuali, per gli immobili non rientranti fra i beni strumentali o merce;
  • soci di società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti a questi equiparati, imprese familiari, alle stesse condizioni previste per gli imprenditori individuali;
  • il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento di ristrutturazione, purché sostenga le spese e siano a lui intestati bonifici e fatture.

Ricordiamo che la detrazione fiscale è spalmata in 10 anni. Ciò vuol dire che per un ipotetico impianto fotovoltaico dal costo di 10 mila euro il contribuente può detrarre in totale 5.000 euro (fino a giugno) o 3.600 euro risparmiando, rispettivamente, 500 euro o 360 euro l’anno di tasse.

A questo risparmio va aggiunto quello in bolletta derivante dall’autoconsumo dell’energia elettrica prodotta sul proprio tetto e quello portato dallo scambio sul posto.

Un’altra cosa da non sottovalutare è che, se invece delle detrazioni fiscali si accede al Quinto Conto Energia, i guadagni derivanti dalla vendita dell’energia elettrica incentivata sono tassati: vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi, sotto la voce “Altri redditi”.

Per calcolare la reale convenienza delle detrazioni fiscali per il fotovoltaico, a questo punto, serve sedersi al tavolo con il proprio commercialista. Analizzando le proprie bollette elettriche e i propri consumi, infatti, è possibile ipotizzare il risparmio sui costi dell’elettricità.

Analizzando il proprio reddito, invece, si capisce quanto si può risparmiare in tasse. Questo perché dall’IRPEF si possono detrarre una lunga serie di spese sostenute durante l’anno e se il reddito è basso, per assurdo ma neanche troppo, si potrebbe non arrivare neanche a 500 euro annui di IRPEF da pagare.

Un contribuente sposato, con un paio di figli, una casa in affitto, un reddito sui 15-17 mila euro annui che già detrae qualche spesa sanitaria e le spese scolastiche dei figli è solitamente in questa condizione.

I Gruppi di Acquisto Fotovoltaici

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I Gruppi di Acquisto Fotovoltaici, versione solare dei più conosciuti Gruppi di Acquisto Solidali, rispondono al motto “l’unione fa la forza”. L’idea che sta alla base di questi gruppi è quella di concentrare la domanda proveniente da più clienti per ottenere un’offerta più vantaggiosa ed economica.

Si compra tutti insieme per spendere di meno. Il primo passo è quello di costituire il gruppo o di aderire a uno già esistente. Ecco una mappa che ne elenca parecchi, in giro per l’Italia:

Visualizza Gruppi di Acquisto Solari in una mappa di dimensioni maggiori

Una volta messi insieme tutti coloro che vorrebbero comprare un impianto fotovoltaico nella stessa zona si passa, il gruppo contatta i potenziali fornitori per un preventivo unico. In questo modo si chiede un preventivo per decine, se non addirittura centinaia, di KW di potenza fotovoltaica.

Il prezzo per ogni singolo KW, quindi, non può che essere inferiore. A volte anche di molto perché l’installatore spesso preferisce guadagnare molto poco sul pannello vero e proprio sapendo che poi guadagnerà sull’installazione e la successiva manutenzione per decine di clienti.

Alcune associazioni ambientaliste locali e nazionali, come Legambiente, organizzano periodicamente dei Gruppi di Acquisto per il fotovoltaico. La stessa cosa fanno spesso le associazioni dei consumatori.

>>Leggi la guida ai Gruppi di Acquisto Fotovoltaici

Il microcredito al fotovoltaico

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Un’alternativa che si sta diffondendo per l’acquisto del fotovoltaico anche senza incentivi è quella del microcredito agevolato. Per microcredito si intendono finanziamenti a tasso molto basso per persone in difficoltà che non hanno i cosiddetti “requisiti di bancabilità”. Se siete andati in banca a chiedere un finanziamento e non ve l’hanno concesso vuol dire che non siete bancabili.

Il microcredito, nella maggior parte dei casi, consiste in un finanziamento a 5 anni per un importo massimo di 6000 euro per i privati e 25 mila per le aziende. Esistono anche microcrediti specifici per il fotovoltaico, ma di solito sono legati all’erogazione degli incentivi del Conto Energia e quindi non realmente alternativi a essi.

Se però riuscite ad avere un preventivo particolarmente favorevole, magari aderendo a un gruppo di acquisto, è possibile che con i 6000 euro di microcredito riusciate a coprire buona parte della spesa di un piccolo impianto. Lo ripagherete in cinque anni (a volte anche sei), con interessi inferiori al tasso medio grazie al Fondo di Garanzia per il microcredito che copre fino all’80% del rischio del finanziamento.

Tuttavia il Fondo di Garanzia è regionale, quindi le condizioni del finanziamento variano e non sono uniche per tutta Italia. A livello nazionale a erogare il microcredito sono la Caritas, la Banca Popolare Etica e altre banche in base agli accordi regionali.

L’alternativa che non c’è: i SEU

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L’ultima alternativa agli incentivi per il fotovoltaico è un’alternativa che ancora non c’è. O, meglio, è ancora solo sulla carta: i Sistemi Efficienti di Utenza.

Si tratta di una sorta di sinergia energetica tra un produttore e un consumatore: un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili direttamente collegato a un’utenza di consumo dell’energia.

Previsti dalla legge, i SEU sono oggi bloccati dall’Autorità per l’Energia che non ha ancora emanato la delibera con la quale regola il funzionamento di questi sistemi. Il che crea non pochi problemi.

Mettiamo il caso che si crei un SEU tra un parco fotovoltaico, magari con un sistema di batterie di accumulo, e una piccola azienda vincolata da un contratto di acquisto dell’energia a un prezzo stabilito. Tutto bene finché il consumatore dell’energia sta economicamente in piedi.

Ma cosa succede se viene a mancare il consumatore? A chi viene venduta l’energia elettrica? La si può riversare in rete?

O cosa succede se l’energia elettrica prodotta non è sufficiente ad alimentare l’utenze perché, magari, è cresciuta e ha esigenze maggiori? Il consumatore può rivolgersi a un altro fornitore o alla rete elettrica per coprire l’eccesso di domanda?

Solo quando verranno sciolti questi nodi i SEU diventeranno una reale alternativa sia all’accesso agli incentivi che all’acquisto dell’energia dalla rete elettrica nazionale. E potrebbe essere una vera rivoluzione energetica.

Foto: Shutterstock

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