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Jane Goodall: eliminare la povertà per salvare l’ambiente

Per Jane Goodall, la lotta ai cambiamenti climatici non può essere separata dal processo di eliminazione della povertà: ecco perché.

Jane Goodall: eliminare la povertà per salvare l’ambiente

Fonte immagine: Johanna Lohr via Wikimedia

Per salvare l’ambiente è necessario intervenire soprattutto sulla povertà: è questo il parere di Jane Goodall, l’etologa britannica da decenni in prima linea per la tutela della natura. Nota per il suo instancabile lavoro nello studio degli scimpanzé, da diversi decenni la ricercatrice è una delle voci più affidabili sul cambiamento climatico. E in una recente intervento per Al Jazeera ha spiegato perché le misure per contenere l’inquinamento non possano funzionare senza ripensare al ruolo delle persone nella società, garantendo maggiori possibilità per tutti.

Non è però tutto: Goodall ha anche evidenziato come la crisi climatica sia strettamente legata al periodo difficile che stiamo vivendo, poiché le peggiorate condizioni ambientali sono il primo fattore di rischio per la diffusione delle pandemie.

Jane Goodall tra ambiente e povertà

Il processo di cambiamento climatico ha subito un’intensa accelerazione nel corso degli ultimi trent’anni, sfiorando il punto di non ritorno. La crescita esponenziale nelle emissioni di CO2, l’ormai onnipresenza della plastica e il ricorso sempre più forsennato a combustibili di origine fossile hanno creato le basi per quella che potrebbe rappresentare una vera e propria crisi dell’uomo in quanto specie naturale.

Gli ecosistemi non sembrano essere più in grado di compensare le attività umane, ad esempio assorbendo i grandi quantitativi di anidride carbonica emessi in atmosfera, e ciò porta a conseguenze gravissime. Dallo scioglimento dei ghiacci al surriscaldamento dei mari, se non si interviene subito l’uomo rischia di vivere un futuro caratterizzato da fenomeni ambientali catastrofici, siccità, carenza di cibo e molto altro ancora.

I primi effetti sono già evidenti. La pandemia da COVID-19 tutt’ora in corso ha ben evidenziato il legame tra depauperamento delle risorse naturali e diffusione delle pandemie. La distruzione degli habitat e la veloce urbanizzazione hanno costretto uomini ed esemplari selvatici a contatti sempre più ravvicinati, facilitando quindi il salto di specie per i patogeni. Ancora, la carenza di misure igieniche adeguate – basti pensare ai wet market cinesi – non ha fatto altro che esacerbare questa situazione. Il COVID-19 potrebbe peraltro solo rappresentare la parte emersa di un enorme iceberg, basti pensare come negli ultimi anni diversi virus abbiano cercato di diffondersi nelle comunità umane, come Ebola e Zika.

Secondo Jane Goodall, è proprio l’uomo ad aver creato le condizioni adatte a favorire la diffusione di gravi infezioni: la distruzione degli ecosistemi ha rimosso le barriere che la natura sfrutta proprio per contenere batteri e virus. Ma il problema non può essere affrontato se non collegandolo alla povertà:

Abbiamo creato le condizioni affinché questi patogeni possano saltare dagli animali alle persone. […] Ma l’ambiente non migliorerà finché non si risolve il problema della povertà. Perché quando sei davvero povero, fai quello che puoi per sopravvivere.

In altre parole, è utopistico pensare che le comunità più povere – dove spesso si sviluppano infezioni da nuovi virus – possano migliorare le loro condizioni igieniche oppure rinunciare allo sfruttamento di fauna selvatica pericolosa, senza che le loro condizioni socio-economiche vengano migliorate. Poiché, per queste persone, significherebbe rinunciare alla loro stessa sopravvivenza.

Fonte: Al Jazeera

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