Greenstyle Ambiente Inquinamento Inquinamento elettromagnetico: cause e conseguenze su ambiente e persone

Inquinamento elettromagnetico: cause e conseguenze su ambiente e persone

Per inquinamento elettromagnetico si intendere la generazione di campi elettromagnetici di natura antropica, ovvero prodotti dall'uomo e non derivanti dal fondo naturale terrestre. Questo fenomeno si è notato a partire dai primi decenni dello scorso secolo, ad esempio con lo sviluppo della rete elettrica oppure degli impianti per le trasmissioni televisive, radiofoniche e per le comunicazioni cellulari. L'Italia adotta limiti di esposizione rigidi, come principio di precauzione.

Inquinamento elettromagnetico: cause e conseguenze su ambiente e persone

Fonte immagine: Unsplash

Si parla sempre più spesso di inquinamento elettromagnetico, o di elettrosmog, come conseguenza dell’introduzione di numerose tecnologie di uso molto comune. Dall’energia elettrica ai ponti radio per le telecomunicazioni, negli anni la scienza si è interrogata per capire se l’esposizione a questa fonte invisibile di inquinamento possa avere effetti sulla salute dell’uomo e sull’ambiente. Quali sono, di conseguenza, le cause e le conseguenze di questo fenomeno?

Prima di cominciare, è utile sottolineare come gran parte degli studi sull’inquinamento elettromagnetico siano ancora in corso e, fatto non meno importante, come non sempre a livello scientifico vi sia un pieno accordo sulla questione. Per questa ragione, è necessario rifarsi alle indicazioni sia ministeriali che di enti internazionali come IARC e OMS.

Cosa è l’inquinamento elettromagnetico

Con il termine inquinamento elettromagnetico si intende la generazione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali. In altre parole, si tratta di tutti quei campi che non appartengono al fondo terrestre, come la radiazione solare oppure il campo elettrico generato dai fulmini, bensì di produzione umana.

Il fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico – ribattezzato elettrosmog tra gli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo – ha origine nei primi anni del ‘900, con l’arrivo di numerose tecnologie divenute di uso molto comune, a partire dalle reti elettriche. La questione divenne evidente nel corso della Seconda Guerra Mondiale, quando si notarono gli effetti termici dell’esposizione a microonde ad altissima frequenza, scoperta che poi portò allo sviluppo di apparecchiature sia medicali che domestiche pronte a sfruttare queste peculiarità.

Oggi le principali fonti di emissioni di campi elettromagnetici sono rappresentate dalla rete elettrica, dagli elettrodotti, dalle infrastrutture di comunicazione radiotelevisive e cellulari, dagli elettrodomestici e dalle micro-reti domestiche senza fili per il collegamento a Internet. Come facile intuire, tutte queste tecnologie sono sottoposte a limiti di emissioni stabilite per legge, affinché non risultino dannose per l’uomo o per l’ambiente, sulla base degli studi scientifici fino a oggi condotti.

Le tipologie di campi elettromagnetici

Antenne cellulari
Fonte: Unsplash

Prima di discutere dei possibili effetti dell’inquinamento elettromagnetico sulla salute e sull’ambiente, è necessario apprendere le principali tipologie di campi elettromagnetici. Un campo elettromagnetico è caratterizzato da tre parametri – intensità, lunghezza d’onda e frequenza, quest’ultima corrispondente al numero di oscillazioni che l’onda elettromagnetica compie in un secondo, misurata in Hertz – e la sua intensità diminuisce più ci si allontana dalla sorgente che lo genera.

In base alla frequenza, si catalogano i campi elettromagnetici in tre grandi gruppi:

  • Fino a 300 Hertz, campi a bassa frequenza: sono di solito i campi elettromagnetici generati dai comuni elettrodomestici;
  • Tra 300 Hertz e 10 MegaHertz, campi a frequenza intermedia: possono essere generati da alcuni dispositivi di uso comune, come gli schermi per computer;
  • Tra 10 MegaHertz e 300 GigaHertz, campi a radiofrequenza: sono solitamente quelli generati dai grandi apparati delle telecomunicazioni, come le trasmissioni radiotelevisive, la rete cellulare, i radar e molto altro ancora.

Questi campi elettromagnetici ricadono all’interno delle cosiddette radiazioni non ionizzanti, ovvero delle radiazioni elettromagnetiche che, per loro intensità, non sono in grado di trasportare sufficiente energia da ionizzare atomi o molecole.

Inquinamento elettromagnetico: cause e sorgenti

Come si è già accennato, per inquinamento elettromagnetico si intendono tutti quei campi elettromagnetici che non derivano dal fondo terrestre, bensì sono antropici, ovvero di produzione umana. Entrando nel dettaglio delle cause, quindi delle sorgenti di emissione, si possono elencare diverse fonti. Queste ultime, come facile intuire, prevedono delle intensità fra di loro diverse e l’esposizione varia a seconda della distanza dalla fonte di emissione:

  • energia elettrica a corrente alternata, in particolare negli elettrodotti della rete di distribuzione;
  • linee di distribuzione dell’energia ad alta tensione;
  • infrastrutture radio per la distribuzione delle trasmissioni radiofoniche e televisive;
  • infrastrutture radio per la telefonia cellulare;
  • dispositivi per le comunicazioni, dai telefoni cellulari alle tecnologie wireless;
  • elettrodomestici;
  • radar e altre tecnologie a radiofrequenza.

Elettrosmog: le conseguenze sull’ambiente

Da tempo si studiano i possibili effetti dell’elettrosmog sull’ambiente, anche se al momento sembra mancare un preciso accordo a livello scientifico, anche per la presenza di studi fra di loro dal tenore opposto. In linea generale, si possono individuare due diverse tipologie di conseguenze:

  • Conseguenze indirette: non sono relative all’esposizione ai campi elettromagnetici, bensì alla predisposizione di strutture e impianti, come l’installazione di tralicci per la rete elettrica o ponti radio per le comunicazioni. Come facile intuire, spesso è necessario intervenire sugli habitat naturali – ad esempio, con il taglio di alberi – per far spazio alle suddette strutture;
  • Conseguenze dirette: ovvero quelle che derivano dall’esposizione ai campi elettromagnetici, oggi di difficile individuazione. Negli anni sono state condotte alcune ricerche, ad esempio per verificare alterazioni nel benessere animale o nello sviluppo vegetale in prossimità di grandi impianti, senza però che emergessero evidenze schiaccianti. Nel corso del 2017, un esperimento condotto da alcune studentesse danesi sollevò grande interesse internazionale: le giovani avevano deciso di coltivare del Lepidum sativum, ovvero il crescione dei giardini, sia nei pressi di router wireless che in aree non esposte a onde elettromagnetiche antropiche, notando rallentamenti nella crescita del primo gruppo. A oggi, tuttavia, studi di laboratorio in ambiente controllato sono ancora in corso.

Inquinamento elettromagnetico: le conseguenze sulla salute

Elettrosmog, antenne
Fonte: Unsplash

Sulle possibili conseguenze sulla salute dell’inquinamento elettromagnetico si discute ormai da decenni, tanto che il dibattito rimane molto acceso tra chi sostiene che l’esposizione possa essere molto pericolosa e chi, invece, ritiene non vi siano sufficienti evidenze scientifiche per sollevare allarmi.

In linea generale, così come spiega la Fondazione Veronesi, si sono notati due principali effetti dovuta all’esposizione ai campi elettromagnetici:

  • il riscaldamento dei tessuti per i campi a radiofrequenza ad alta intensità, tuttavia i livelli di esposizione per la popolazione generale non sembrano essere in grado di generare un riscaldamento significativo;
  • effetti acuti, come stimolazione dei nervi, dei muscoli e delle cellule del sistema nervoso centrale, per le esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza di elevata intensità, superiori ai 100 microTesla. Anche in questo caso, la popolazione generale non sembra essere esposta a questo rischio.

Alcuni studi indipendenti, inoltre, hanno evidenziato una possibile associazione tra l’uso continuativo delle prime generazioni di telefoni cellulari e due tumori – il glioma e il neurinoma del nervo acustico – ma, come sempre spiega la Fondazione Veronesi, l’aumento del rischio sarebbe limitato.

Basandosi sulle ricerche prodotte negli ultimi anni, l’Associazione Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha inserito sia i campi a radiofrequenza che quelli a bassa frequenza nel Gruppo 2B dei possibili cancerogeni per l’uomo. L’OMS, relativamente all’esposizione ai campi dovuti alle comunicazioni cellulari, ha invece dichiarato che “ad oggi, nessun effetto dannoso per la salute è stato riconosciuto come causato dall’uso di telefoni mobili“.

Cosa dice la legge e precauzioni

Auricolari e smartphone
Fonte: Unsplash

In Italia i valori massimi di esposizione ai campi elettromagnetici sono definiti dalla Legge Quadro 36/01, caratterizzata da un approccio cautelativo, con soglie più rigide rispetto ad altri Paesi Europei. La normativa prevede un valore di attenzione – cioè il tetto massimo di esposizione nei luoghi ad alta permanenza, non inferiore alle 4 ore giornaliere – di 6 V/m. Da qualche anno alcuni gruppi avanzano l’ipotesi di innalzare queste soglie fino a 61 V/m, per facilitare l’implementazione delle ultime tecnologie di comunicazione cellulare, proposta che sta però ricevendo l’opposizione di diversi gruppi ambientalisti.

Il rispetto dei limiti di esposizione vengono regolarmente verificati dalle ARPA regionali, con appositi apparecchi, in particolare per quelle aree e abitazioni che sorgono in prossimità di grandi impianti elettrici o ripetitori televisivi e radiomobili.

In attesa di comprendere come evolverà la situazione normativa, vi sono alcune misure di buon senso che possono aiutare a ridurre l’esposizione personale, in via cautelativa per limitare eventuali rischi. In generale, si consiglia di:

  • Preferire l’utilizzo di auricolari via cavo o del vivavoce quando si usa il telefono cellulare, mantenendo l’apparecchio a circa 30-40 centimetri dal capo;
  • Mantenere lo smartphone in borsa anziché in tasca;
  • In casa, posizionare router e altri dispositivi wireless a una distanza sufficiente dal corpo, all’incirca superiore al metro;
  • Evitare di dormire a distanza molto ravvicinata da dispositivi elettronici e altri elettrodomestici.

Fonti:

Seguici anche sui canali social