COP28, al via la seconda settimana di lavori: il nodo del Global Stocktake
La COP28 arriva al giro di boa e i tentativi di raggiungere un accordo soddisfacente sul Global Stocktake si intensificano.
Ha preso il via oggi, venerdì 8 dicembre, la seconda settimana di lavori della COP28, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici partita ufficialmente lo scorso 30 novembre a Dubai. A pochi giorni dalla conclusione dell’evento, il 12 dicembre, l’obiettivo resta quello di far convergere i delegati e i ministri dei Paesi partecipanti sull’accordo finale della COP28 in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015, il cosiddetto Global Stocktake.
Al momento, però, le divergenze restano ancora alte e oggi il compito di dare le indicazioni per l’intesa finale spetta al presidente della COP28 Ahmed Al Jaber, petroliere già finito al centro delle polemiche per le sue parole in difesa dei combustibili fossili. L’intesa finale, come da programma, dovrà essere votata all’unanimità e il timore sempre più concreto è che per raggiungere l’unanimità sarà necessario annacquare un po’ il testo così da mettere d’accordo tutti anche se questo significherebbe non raggiungere quella svolta che ci si attendeva da questo evento.
La nona giornata di lavori della COP28 sarà dedicata all’importanza dei giovani e delle nuove generazioni. Ad aprire la giornata dell’8 dicembre è stata la conferenza “Dai più vulnerabili ai più preziosi: mettere i diritti dei bambini al centro dell’azione climatica”, dedicata alla presentazione delle prove e dei dati secondo i quali i cambiamenti climatici stanno colpendo in modo particolare i bambini e i più giovani.
Global Stocktake, cresce l’attesa per l’ultima fase
Nella giornata di ieri, un momento di pausa per i lavori della COP28, è iniziata a circolare una prima bozza del Global Stocktake (GST), il bilancio globale dei progressi collettivi verso il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi, come definito dall’articolo 14 del testo finale. A cosa serve lo spiega molto bene lo stesso articolo: “Il bilancio globale offre indicazioni alle Parti per aggiornare e migliorare, in maniera determinata a livello nazionale, le loro azioni e il sostegno conformemente alle disposizioni pertinenti del presente accordo, oltre che per rafforzare la cooperazione internazionale in materia di azioni per il clima“.
I lavori stanno riguardando la terza e ultima fase del Global Stocktake dopo quella dedicata alla raccolta dei fati, iniziata subito dopo la COP26 di Glasgow e dopo quella della pubblicazione del documento di sintesi su quanto fatto a livello globale dai singoli paesi dal 2015 ad oggi che si è conclusa lo scorso settembre. Ora si dovrà entrare nel vivo: sappiamo cosa è stato fatto e bisogna decidere quali impegni prendere per il futuro e, soprattutto, con quali parole più o meno vincolati arrivare a definirli.
L’ultimo rapporto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) ha messo i Paesi del mondo di fronte alla realtà dei fatti: allo stato attuale, in base ai piani d’azione per il clima presentati dai singoli governo per i prossimi anni, siamo fuori strada su più fronti per non sfiorare l’aumento massimo della temperatura globale di 1,5 gradi. Serve un calo delle emissioni globali entro il 2030 del 43% rispetto ai livelli del 2019 e l’obiettivo non è mai stato così lontano.
Alcuni paesi e gruppi negoziali presenti alla COP28 vorrebbero l’istituzione di un meccanismo di verifica per individuare i Paesi che non rispettano gli impegni presi sull’azione climatica, mentre altri vorrebbero l’introduzione di una serie di indicatori globali per rispettare gli 1,5 gradi, ma c’è chi sostiene che bisognerebbe dare alta rilevanza anche ai costi sociali ed economici connessi alla lotta alla crisi climatica, come sostengono Paesi fortemente inquinanti come Russia e Cina.
Di fronte a queste posizioni appaiono evidenti le difficoltà nel raggiungere un accordo che sia soddisfacente per tutti e soprattutto per il futuro del Pianeta.