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Il colore del cane influisce su salute e longevità

Il colore del manto può influire sulle condizioni di salute e sulla longevità del cane: è quanto svela uno studio dell'Università di Sydney.

Il colore del cane influisce su salute e longevità

Fonte immagine: Pixabay

Il colore del manto del cane potrebbe fornire informazioni importanti sullo stato di salute dell’animale, così come sulla sua longevità. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Università di Sydney, su un campione di 33.000 quadrupedi di razza Labrador: dai dati raccolti, è emerso come gli esemplari dal manto scuro possano contare su una vita in media più breve rispetto alle controparti chiare.

La ricerca ha analizzato un campione di cani provenienti dal Regno Unito e, in quanto parte del programma VetCompass dell’Università di Sydney, verrà ora ripetuto anche in Australia. Dai dati raccolti, è emerso che la vita media di un Labrador biondo sia di 12.1 anni, il 10% in più rispetto a un animale della stessa razza ma dal manto scuro. Ancora, i Labrador marroni o neri sono più inclini a sviluppare infezioni dell’orecchio, nonché a presentare dermatite piotraumatica.

La correlazione tra colore del manto e condizioni di salute ha inizialmente stupito gli stessi ricercatori, tuttavia la spiegazione potrebbe essere di natura genetica: oltre alla tinta del pelo, questa caratteristica potrebbe essere connessa a un set di geni dominanti che rendono il soggetto più esposto alle malattie, un fatto che invece non si verifica dove tali geni sono recessivi.

I risultati della ricerca, ovviamente, non vogliono suggerire ai proprietari di preferire i Labrador biondi rispetto agli altri appartenenti alla razza, bensì portare le attenzioni della scienza su condizioni di salute specifiche che, tramite un’analisi precisa e trattamenti mirati, potrebbero essere risolte garantendo così una longevità più che sufficiente.

Al momento, non è dato sapere se l’evidenza trovata valga unicamente per i Labrador o anche per altre razze, serviranno quindi ulteriori studi per rispondere a questo dubbio. Il primo passo, come già accennato, sarà quello di ripetere l’indagine con un campione di cani australiani, per verificare che i risultati siano i medesimi rinvenuti sui quadrupedi britannici.

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