I mancati tagli ai sussidi per le fonti fossili sono costati 35,7 miliardi di euro all’ambiente. Questo è il bilancio stilato da Legambiente, che in questi giorni ha presentato il rapporto “Stop sussidi alle fonti fossili e ambientalmente dannosi“. Secondo l’associazione per oltre 21,8 mld si tratta di fondi in forma “diretta”, mentre per circa 13,8 di forma “indiretta”.
Sul finire del 2020 il bilancio tratto da Legambiente è tutt’altro che incoraggiante. Secondo l’associazione si è nuovamente persa l’occasione per tagliare i fondi statali destinati alle fonti fossili. Un taglio che non soltanto avrebbe consentito di ridurre i sussidi per chi inquina, sottolinea il Cigno Verde, ma anche perché si sarebbero liberate risorse da destinare alla tutela dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile.
Non regge la scusa del Covid-19 secondo l’associazione. Come sottolineato anche da Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente:
Non esiste scusa legata al Covid che tenga perché l’emergenza climatica sta diventando sempre più grave e perché ogni euro non più regalato a chi inquina può liberare investimenti in innovazione ambientale ma anche per far uscire il Paese dalla crisi economica e sociale. Nelle proposte che presentiamo oggi dimostriamo come sia possibile intervenire subito sui sussidi alle fonti fossili e all’estrazione di materiali naturali, mentre il Recovery Plan italiano dovrà fissare le riforme e la tempistica per cancellare tutti i sussidi entro il 2030.
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Il settore energia pesa sul fronte dei sussidi alle fonti fossili per 15,8 miliardi di euro nel 2020. Ventisei i sussidi, dei quali 14 potrebbero essere tagliati all’istante secondo Legambiente. Si tratterebbe di un risparmio pari a 8,6 miliardi di euro. Ulteriori 6,3 mld andrebbero rimodulati, spiega l’associazione. Sul fronte delle trivellazioni il costo per l’Italia è quantificato in sussidi indiretti (per mancati introiti) per 576,54 milioni di euro, colpa dell’inadeguatezza di royalty e canoni.
Sul fronte trasporti Legambiente punta il dito sui carburanti fossili, destinatari di benefici per oltre 16 miliardi di euro:
Il settore è sussidiato complessivamente per 16,2 miliardi di euro. Di cui 5.154 milioni di euro per il differente trattamento fiscale tra benzina e gasolio e 3.757 milioni di euro per quello tra metano, gpl e benzina; l’esenzione dell’accisa sui carburanti per la navigazione aerea ammonta a 1.807,3 milioni di euro; 1.587,5 milioni vanno al rimborso delle accise sul gasolio per trasporti, 400 milioni sussidiano l’olio di palme nei biocarburanti.
Tra gli oltre 2 miliardi di euro destinati all’agricoltura circa 155 milioni vengono impiegati, prosegue l’associazione, dalla SACE per erogare “prestiti e garanzie per un impianto di fertilizzanti in Russia”. Non va meglio all’edilizia, spiega Legambiente, in quanto “il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali, generalmente associati a elevati consumi energetici ed emissioni, vale 617 milioni di euro”. Si aggiungono ulteriori 38,3 milioni di euro per l’esenzione dell’IMU destinata ai nuovi fabbricati (incentivando secondo Legambiente il consumo di suolo).
Concessioni e canoni inadeguati costano all’Italia 509 milioni di euro, conclude Legambiente, suddivisi tra: acque minerali (262), demanio marittimo (150) e cave (97).
Di seguito le richieste avanzate dall’associazione per lo stop ai sussidi destinati alle fonti fossili: