Incremento graduale dell’età pensionabile: le nuove regole dal 2027 - Greenstyle.it
In vista della prossima legge di bilancio, il tema delle pensioni torna al centro del dibattito politico ed economico italiano.
Il Governo Meloni sta valutando diverse ipotesi per gestire l’adeguamento dell’età pensionabile previsto per il 2027, che comporterebbe un innalzamento automatico di tre mesi dell’età pensionistica.
Intanto, il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha proposto soluzioni alternative per favorire una maggiore flessibilità, mentre l’opposizione solleva critiche sulle possibili modifiche alla legge Fornero.
Il sistema pensionistico italiano prevede un aumento automatico dell’età pensionabile ogni due anni, in relazione all’aumento dell’aspettativa di vita. Secondo le ultimissime stime dell’ISTAT e confermate dalle proiezioni della Ragioneria Generale dello Stato, dal 2027 l’età per accedere alla pensione di vecchiaia dovrebbe salire da 67 anni a 67 anni e 3 mesi. Tuttavia, il Governo sta valutando un possibile congelamento di questo aumento, almeno parziale, per contenere l’impatto sociale ed economico.
L’ipotesi più concreta, come riportato da Il Messaggero, prevede che il blocco dell’aumento di tre mesi riguardi solo i lavoratori che nel 2027 avranno già compiuto 64 anni. In questo modo, chi avrà meno di 64 anni al 2027 resterà soggetto all’innalzamento. Tale misura, che ridurrebbe significativamente la platea dei beneficiari, permetterebbe di abbassare il costo da 1 miliardo a circa 300 milioni di euro annui.
Un’alternativa proposta dalla Ragioneria è invece l’introduzione di una finestra mobile, ovvero un periodo obbligatorio di attesa tra il momento in cui si matura il diritto alla pensione e l’effettivo pensionamento, o un aumento più contenuto di almeno un mese dell’età pensionabile nel 2027.
La questione del ricalcolo contributivo è strettamente collegata all’adeguamento dell’età pensionabile. I coefficienti di trasformazione, che determinano l’importo della pensione in base ai contributi versati e all’aspettativa di vita residua, tendono a ridursi con l’aumento della longevità. Questo meccanismo serve a mantenere sostenibile il sistema pensionistico evitando assegni troppo elevati per periodi di pensionamento più lunghi.
La Ragioneria ha stimato che, se si congelasse l’adeguamento all’aspettativa di vita senza modificare i coefficienti, le pensioni potrebbero subire una riduzione pari a circa il 9%. Prolungare l’attività lavorativa resta quindi un elemento chiave per mantenere un livello adeguato dell’assegno pensionistico.
In questo contesto, la proposta del sottosegretario Claudio Durigon assume particolare rilievo. Durigon ha suggerito la possibilità di andare in pensione a 64 anni con almeno 25 anni di contributi, a patto di convertire il TFR accumulato in una rendita integrativa che elevi l’assegno minimo a circa 1.600 euro mensili. Questo schema si ispira al modello già introdotto per i lavoratori interamente contributivi, che possono sommare la rendita dei fondi pensione integrativi a quella pubblica per anticipare l’uscita dal lavoro rispettando i requisiti della legge Fornero.
Nel 2025, le regole per l’accesso alle pensioni rimangono sostanzialmente invariate rispetto all’anno precedente, ma sono stati introdotti alcuni aggiustamenti e proroghe importanti.