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Cos’è l’Obsolescenza Programmata

L'Obsolescenza Programmata è un fenomeno di cui sempre più si parla nelle cronache attuali, cos'è e quali prodotti interessa.

Cos’è l’Obsolescenza Programmata

Negli ultimi mesi si è imposto agli onori della cronaca un fenomeno noto col termine di Obsolescenza Programmata. Diversi i casi di marche più o meno note alle prese con cause legali e accuse di aver in qualche modo favorito, in maniera non conforme a quanto dichiarato, un deperimento prematuro degli apparecchi.

L’Obsolescenza Programmata sta assumendo un rilievo di portata internazionale, tanto che la Francia ha deciso di dotarsi di un’apposita legge che la contrasti e che permette ai consumatori e alle associazioni di denunciare le aziende e le compagnie che si siano rese colpevoli di tale reato.

Cucina, forno
Fonte: Pixabay

Cos’è l’Obsolescenza Programmata

A tutti gli effetti l’Obsolescenza Programmata è un processo mediante il quale le aziende produttrici spingono i consumatori a sostituire anzitempo i propri beni di consumo con nuovi prodotti. Ciò avviene mediante diverse modalità: dal rapido decadimento delle funzionalità derivante dall’impiego di materiali di scarsa qualità fino alla pianificazione di costi per le riparazioni superiori o fortemente vicini a quelli necessari per l’acquisto di un nuovo apparecchio o elemento.

Esiste inoltre la possibilità che i consumatori vengano allettati da modifiche pressoché irrilevanti per quanto riguarda le funzionalità, ma che vengono percepite come un forte impulso dal punto di vista dello “status” o della soddisfazione “formale”. Nel caso dei dispositivi elettronici sono talvolta anche i software distribuiti dalle compagnie (sistemi operativi e programmi) che appesantiscono il dispositivo o portano l’utente a percepire il proprio computer o smartphone come “non più al passo coi tempi”.


Nel corso degli anni in molti avranno sentito qualche amico o parente pronunciare la frase “si è rotto subito dopo la scadenza” o “ha iniziato a dare problemi non appena terminato il periodo di garanzia”. Seppure possano intervenire delle casualità, in diversi casi si è assistito a un evento di Obsolescenza Programmata. Un esempio sono le stampanti, come analizzato da uno studio tedesco, che risultavano tarate per segnalare la necessità di una riparazione una volta raggiunto un tot numero di pagine stampate. Secondo tale ricerca sarebbe sufficiente “resettare il contatore” per tornare a utilizzare un apparecchio perfettamente funzionante.

Malgrado solo recentemente l’Obsolescenza Programmata sia diventata oggetto di un vero e proprio boom mediatico, il fenomeno è originato nientemeno che nei lontani anni ’20. Sul finire del 1923 (il 23 dicembre) venne formato il Cartello Phoebus, composto tra gli altri da Osram e Philips, al fine di ridurre la durata di vita delle lampadine (da 2.500 a 1.000 ore) incrementando al contempo i ricavi delle aziende produttrici. Un esempio che stride con quello offerto dalla Centennial Light, la lampadina a incandescenza presente nella caserma dei vigili del fuoco di Livermore-Pleasanton, in California: accesa quasi senza interruzione dal 1901.

Lavatrici
Fonte: Pixabay

Prodotti soggetti a Obsolescenza Programmata

Informatica, piccoli e grandi elettrodomestici e telefonia sono le aree spesso associate all’Obsolescenza Programmata. I chipset presenti negli apparecchi e la sempre maggiore presenza di componenti “pensanti” consentono ai produttori di impostare una vera e propria “data di scadenza” per i vari prodotti.

A questo si somma l’integrazione della batteria in dispositivi come smartphone, portatili e spazzolini elettrici, che condurrà a costi di sostituzione importanti o più spesso all’acquisto di un nuovo prodotto. Con l’utilizzo di materiali più facilmente degradabili spesso viene raggiunto un doppio risultato: produrre a minor costo vendendo un bene destinato a durate poco.


L’Obsolescenza Programmata interessa però anche altri ambiti “insospettabili” come ad esempio la moda. Se è ben nota la prassi di proporre “nuove collezioni” sempre più di frequente per spingere i consumatori all’acquisto di nuovi capi d’abbigliamento, meno conosciuta è la pratica di rendere prodotti come le scarpe sempre meno riparabili.

Una suola che si deteriora in fretta, ma non può essere staccata dalla tomaia senza rovinarla o anche una parte morbida realizzata con materiali scadenti e facili alla rottura: in entrambi i casi ci si ritroverà con una calzatura sostanzialmente integra, ma con un difetto limitato che la renderà interamente inutilizzabile (ad esempio un piccolo foro nella parte superiore o tomaia non limiterà le sue funzionalità, ma sarà percepita come “fortemente negativa”).

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